Referendum sì, forse,ma quando? Domenica scorsa l’assemblea nazionale dei protagonisti del no alla legge Renzi-Giannini (a Roma, presenti tutti i sindacati ma anche molti parlamentari e esponenti di forze politiche e personalità della cultura) ha varato un pacchetto di mobilitazioni per continuare la lotta contro il ddl della cosiddetta buona scuola: da nuove assemblee sindacali alla ripresa, all’invito alle Rsu e ai sindacati ad indire il blocco delle attività aggiuntive del personale docente e Ata, alla notte bianca per la scuola pubblica (si svolgerà il 23 settembre), fino alla disubbidienza civile dentro le scuole, «ovvero ubbidienza alla Costituzione».

E poi c’è la questione del referendum, circolata molto nelle iniziative della sinistra in questi giorni, lanciata da Pippo Civati e raccolta da Nicola Fratoianni sabato scorso nel corso dell’incontro nazionale di Sel, sempre a Roma. L’assemblea di domenica non ha ovviamente escluso l’idea di un referendum contro il ddl, sulla quale anzi ha indetto un nuovo incontro nazionale domenica 6 settembre a Bologna. Ma per l’immediato ha sostanzialmente detto no dall’ipotesi di raccogliere le firme entro il 30 settembre, «a scuole chiuse, con quesiti incompleti, con una tempistica ingestibile e con risultati incerti, se non ancora peggio dannosi, per il proseguimento della lotta comune», dice il documento finale. Pesa sulla decisione anche l’attesa dell’esito dei ricorsi che presto pioveranno in massa sul testo.
Per puntare ad un referendum entro il 2016 sarebbe necessari raccogliere 500mila firme entro il 30 settembre di quest’anno. E si sa, il Generale Agosto non perdona.

Non la pensa così invece Civati che domani presenterà un pacchetto di quesiti, scuola compresa. «Siamo pronti a partire», scrive l’ex pd sul sito di possibile.com insieme al costituzionalista Andrea Pertici. Il pacchetto prevede quesiti su Jobs act, grandi opere, Italicum e, appunto, scuola. I testi, spiega Civati, «sono stati elaborati con le nostre forze e il contributo di alcuni esperti. Li mettiamo a disposizione di tutti, per una valutazione di merito, pronti ad accogliere i suggerimenti e le osservazioni che verranno». Ma in ogni caso è deciso a partire: «Questa settimana dobbiamo presentarli in Corte di Cassazione per avviare il percorso».

Coraggio o azzardo? A sinistra in molti propendono per il secondo caso. È favorevole invece il segretario della Fiom Maurizio Landini. Se si manca l’obiettivo di votare nella primavera del 2016, sostiene Civati, «i referendum rischiano di perdersi. Il voto nel 2017, che alcuni ci hanno prospettato anche con insistenza, che si renderebbe necessario se entro il 30 settembre le firme necessarie non fossero raccolte, sarebbe a forte rischio in caso di fine anticipata della legislatura. E in ogni caso farebbe sì che questi brutti provvedimenti dispiegassero e consolidassero i propri effetti sulla pelle dei cittadini». Nel merito il quesito elettorale punta «ad aprire la strada a una legge di stampo maggioritario», «più coerente con una scelta di governo da parte dei cittadini»; gli altri riguardano le grandi opere e «le trivellazioni rinvigorite dallo Sblocca-Italia», il jobs act e infine la scuola. Ora Civati aspetta «tutti i riscontri possibili», deciso comunque ad andare avanti. Ma, incassando la scelta degli insegnanti, sul quesito sulla scuola non raccoglierà le firme.