Respinto dal Tribunale civile di Milano, oggi Valerio Onida tenta la strada del Tar del Lazio per contestare il quesito del prossimo referendum. Di fronte al giudice amministrativo si discuteranno due ricorsi, il secondo è quello presentato da un altro costituzionalista, Fulco Lanchester, con Mario Staderini ex segretario dei radicali italiani. Entrambi i ricorsi chiedono ai giudici di trasferire la questione del referendum davanti alla Corte costituzionale. «Stiamo in sostanza cercando un giudice», spiega Lanchester. La ricerca non è facile. Perché anche l’Ufficio centrale del referendum si è già pronunciato, respingendo le richieste del Codacons, e proprio ieri la via giudiziaria anti referendum ha subito un altro colpo nell’udienza davanti alle sezioni riunite della Cassazione.

Si discuteva sull’ulteriore ricorso del Codacons, convinto che il quesito scelto dal governo e approvato dal parlamento sia ingannevole e studiato per invitare a votare Sì. Niente affatto, ha detto invece il procuratore generale della Cassazione Fuzio: «È del tutto aderente alla normativa prevista». Normativa che in realtà è piuttosto scarna, per la semplice ragione che il referendum costituzionale è stato considerato per trent’anni – fino ai primi anni Duemila – un’eventualità remota, perché una convenzione tra le forze politiche faceva in modo che le modifiche alla Costituzione venissero approvate con una maggioranza tanto larga da escludere il ricorso al referendum. Da qui l’esigenza di diversi giuristi di far pronunciare sulla questione i giudici costituzionali, sul tenore del quesito come sulla sua unicità – molti sostengono che agli elettori bisognerebbe sottoporre più domande, dividendo la riforma costituzionale in capitoli omogenei.

Ma il procuratore generale della Cassazione non si è dimostrato per nulla di questo avviso. Ha sostenuto la tesi della inappellabilità delle decisioni dell’Ufficio centrale per il referendum, sulla linea di quanto aveva già detto il Tar. E – esattamente al contrario di quello che ha deciso la giudice di Milano la settimana scorsa – ha sostenuto che il Codacons avrebbe dovuto rivolgersi al Tribunale ordinario (laddove però sia un pool di avvocati milanesi, sia Onida sono stati respinti).

Il procuratore generale Fuzio ha detto anche di più, invitando il collegio delle sezioni unite a rigettare la richiesta del Codacons in quanto soggetto privo della legittimazione a ricorrere, sia perché non risulta tra i promotori del referendum, sia perché lo statuto dell’associazione parla della tutela dei consumatori e non degli elettori. «Non è così, il nostro status di Onlus ci consente di di tutelare anche i diritti civili», ha replicato l’avvocato e leader del Codacons Carlo Rienzi. Mentre l’Avvocatura dello stato, che rappresenta il governo, ha detto che «non si può parlare di lesione del diritto di voto» visto che «il voto non è stato ancora esercitato».
Per la decisione della Cassazione bisognerà attendere qualche giorno, perché le sezioni unite rendono pubbliche le loro pronunce solo al momento in cui depositano le motivazioni.
Intanto ci sono segnali che anche la polemica tra i sostenitori del Sì e quelli del No stia impazzendo. Lo dimostra un duro scontro via twitter, ieri, fra il comitato Bastaunsì e la Cgil. Il primo estrapola e manda in rete alcuni punti dal documento approvato all’ultimo congresso dove si esprime una generica adesione al superamento del bicameralismo perfetto, senza però leggerne le premesse. Convinto di aver scovato la contraddizione. La seconda denuncia «il documento taroccato», e cioè riportato solo per parti estrapolate.