Doveva essere un appuntamento ad alta intensità unionista, quello lanciato dagli amministratori municipali di Roma per il 23 gennaio al Teatro Brancaccio al quale avevano aderito i due minisindaci di Sel Susi Fantino e Andrea Catarci. Poteva persino essere l’apertura di una crepa nella sinistra romana, non tutta convinta dalla corsa «autonoma» di Stefano Fassina. E invece salta tutto e la casa vendoliana si ricompatta, almeno sul fronte della capitale. I due presidenti non parteciperanno all’iniziativa e si schierano con Fassina. Perché, spiegano, dopo la candidatura di Roberto Giachetti alle primarie Pd, imposta con «lo schema renziano dell’autocrazia», e dopo «l’obbedisco senza se e senza» da parte del presidente della regione Nicola Zingaretti, lo spazio per il rilancio del centrosinistra non c’è più. Anche Massimiliano Smeriglio, vice di Zingaretti e capofila dei «dialoganti» ritira la sua partecipazione all’incontro.

La vicenda è anche effetto dell’ultima ruvida polemica fra Nichi Vendola e il Pd. Sabato scorso il presidente di Sel ha certificato senza appello la fine del centrosinistra (alle amministrative ovunque tranne Milano e Cagliari) e annunciato la nascita di un nuovo partito «autonomo dal Pd» che sarà lanciato al Palazzo dei Congressi il prossimo 19 febbraio. Dopo i litigi con le altre anime rosse (Prc, Civati) qualche filo si riannoda. Il comitato nazionale dell’Altra Europa ha deciso a maggioranza che parteciperà all’appuntamento, negando – attenzione al passaggio – che possa essere «l’inizio di un processo costituente» ma comunque con l’intenzione costruttiva di «impedire chiusure che sarebbero letali per ogni futura prospettiva unitaria».

Una prospettiva unitaria che si ’peserà’ anche nel voto romano, visto che il candidato Fassina è uno dei leader del nuovo partito. L’ex Pd punta sulla proposta di un referendum sulla candidatura di Roma alle Olimpiadi 2024 («Mi piacerebbe che prima di prendere impegni definitivi i cittadini si esprimessero su cosa preferiscono tra Olimpiadi ed investimenti alternativi»); tema sul quale anche presentato una mozione alla camera. L’ex Pd chiede al radicale Riccardo Magi di unire le forze per la raccolta delle firme. La risposta è tiepida: «Le battaglie referendarie sono sempre trasversali rispetto alle forze politiche», replica, «il problema è che Fassina con la sua mozione parlamentare fa un atto antireferendario perché vuole far esprimere i partiti anziché i cittadini. Noi, con la nostra iniziativa, abbiamo sollevato il dibattito e costretto il comitato promotore a produrre un primo studio di fattibilità». Fatto sta che ora i radicali si distribuiscono fra l’appoggio entusiasta a Giachetti, dichiarato da Pannella e dai suoi, e un avvio di battaglia referendaria su un dossier che Giachetti e il Pd non vogliono riaprire: non si sa mai cosa ne pensano davvero i cittadini.

Ieri infatti a Omnibus, su La7, il candidato dem si è detto «assolutamente favorevole alle Olimpiadi», e già che c’era ha messo un dito nell’occhio a Fassina ricordandogli che ai tempi della giunta Marino anche i compagni di Sel erano favorevoli. Vero. Forse un po’ vero ancora oggi. Infatti a stretto giro di posta l’ex capogruppo capitolino Gianluca Peciola ammette di non vedere tutto nero sull’evento olimpico perché «fra un sì e un no c’è la terza via di un’altra idea di Olimpiadi: nel comitato ci potrebbero essere urbanisti della scuola della rigenerazione urbana, ambientalisti e sostenitori dello sport sociale e popolare». I distinguo non finiscono mai, è la sinistra.