Si sono ormai costituiti in quasi tutte le principali città italiane i comitati per il No al referendum costituzionale, e ieri si sono incontrati a Roma nella prima assemblea nazionale – nell’aula Calasso di giurisprudenza alla Sapienza. Se anche i sondaggi offrono quasi ogni giorno motivi di speranza – tra giovedì e venerdì prima l’Eurispes poi l’Ipsos hanno descritto una partita aperta, tutta da giocare – gli avversari della riforma costituzionale non si fanno illusioni: sanno che il governo deve ancora mettere sul piatto della campagna elettorale tutto il suo peso. Renzi ha garantito che farà campagna elettorale per il Sì in prima persona, pare abbia ingaggiato uno spin doctor americano allo scopo, il Pd ha deciso di investire una cifra considerevole nella propaganda.
Il Comitato per il No presieduto dai costituzionalisti Alessandro Pace e Gustavo Zagrebelsky, nato per iniziativa del Coordinamento per la democrazia costituzionale, ha deciso comunque di condurre una campagna all’insegna del merito della riforma. Per spiegare agli italiani le ragioni del No al disegno di legge Renzi-Boschi di là della battaglia politica sul destino del presidente del Consiglio e della legislatura. Non disturba che anche a destra abbiano annunciato la nascita di un comitato per il No, il cosiddetto «comitato Brunetta». «È un bene che ci siano in campo anche loro, distinti da noi – spiegano – sarebbe stato difficile coordinare iniziative comuni e così potranno rivolgersi alla loro parte di elettorato».
Nella riunione di ieri, alla quale sono intervenuti rappresentanti di varie formazioni della sinistra – lista Tsipras, Sinistra italiana – sindacalisti di base, una rappresentante del comitato No Triv, si è fatto il punto sull’impegno per la raccolta delle firme. Duplice. All’indomani dell’approvazione della legge di revisione costituzionale (prevedibilmente, metà aprile) è ormai deciso che un gruppo di cittadini chiederà di raccogliere le firme per il referendum, malgrado la stessa richiesta verrà sicuramente avanzata dai parlamentari di opposizione e anche dai parlamentari di maggioranza. In questo modo si conta di bloccare un’eventuale tentazione ad anticipare il referendum, che così si terrà invece in ottobre. Ma bisognerà anche raccogliere le firme per il referendum abrogativo della legge elettorale, anche questa è una decisione sostanzialmente presa che dovrebbe essere ufficializzata il 12 febbraio.
Sono ancora un passo indietro i referendum contro il Jobs act e la riforma della scuola, mentre un altro se ne annuncia, contro la nuova legge sulla Rai.