I vescovi salgono sulle barricate contro il referendum sull’eutanasia legale. Se nei giorni scorsi gli attacchi non erano mancati (su tutti l’arcivescovo Vincenzo Paglia, noto tra l’altro per alcune simpatie pannelliane che fecero discutere non poco qualche anno fa: «C’è la tentazione di una nuova forma di eugenetica») questa volta è direttamente la presidenza della Cei che, attraverso una nota, spara bordate contro la campagna dell’Associazione Luca Coscioni.

«Chiunque si trovi in condizioni di estrema sofferenza va aiutato a gestire il dolore, a superare l’angoscia e la disperazione, non a eliminare la propria vita – si legge in una nota -. Scegliere la morte è la sconfitta dell’umano, la vittoria di una concezione antropologica individualista e nichilista in cui non trovano più spazio né la speranza né le relazioni interpersonali». A supporto della tesi, i vescovi citano la lettera Samaritanus bonus fatta uscita dalla Congregazione per la dottrina della fede nel settembre dell’anno scorso. Un documento in cui si nega che il suicidio assistito sia un atto di compassione e si sostiene che una cosa del genere nulla abbia a che fare con la dignità della persona che chiede di farlo.

I numeri alti della raccolta firme – già superata quota 500.000, l’obiettivo delle 750.000 entro la fine di settembre appare ampiamente alla portata – hanno con tutta evidenza agitato le acque Oltretevere e la presa di posizione diffusa ieri si segnala sia per la sua durezza sia perché denota un certo nervosismo, come se tutta questa adesione popolare alla campagna per il referendum fosse in qualche modo inattesa.

«Alla Cei ricordiamo che la dignità è espressione intimamente individuale e che il rispetto nei confronti di se stessi non può essere ricondotto a una supposta dignità cristiana, attribuita autoritariamente ad ognuno – commenta Valerio Federico di + Europa -. Chiunque si trovi in una condizione di estrema sofferenza deve essere posto nella condizione di scegliere rispetto alla propria concezione di dignità».

Intanto, il prossimo 6 settembre, data della scadenza degli emendamenti, la commissione giustizia della camera tornerà ad esaminare il testo base della legge sul suicidio medicalmente assistito: uno step importante ma che in ogni caso non fermerà il referendum. In parlamento, infatti, il nocciolo della discussione è l’articolo 580 del codice penale (aiuto al suicidio), mentre il referendum riguarderà l’articolo 579, l’omicidio del consenziente. Va detto che, in effetti, solo andando a toccare quest’ultimo punto si potrebbero davvero superare gli ostacoli reali alla legalizzazione dell’eutanasia e fare un passo in avanti rispetto a quanto già affermato dalla Corte costituzionale con la sentenza sul caso Cappato-dj Fabo sulla non punibilità dell’aiuto al suicidio.

«Si tratta di un testo molto equilibrato messo a punto a più mani, con la sintesi di tutte le responsabilità sociali – dice il pentastellato Mario Perantoni, presidente della commissione giustizia della camera -, ci si sta muovendo nel solco della sentenza della Corte costituzionale che ha riconosciuto il diritto di una persona sofferente in modo intollerabile e irreversibilmente malata di porre fine alle proprie sofferenze in modo sereno e dignitoso, in linea con la Costituzione. La Chiesa di oggi dovrebbe valutare con attenzione il lavoro in corso perché anche noi vogliamo tutelare la serenità e la dignità umana nel fine vita».