Ieri pomeriggio le firme raccolte per votare la depenalizzazione della cannabis erano 250mila, questa mattina saranno già molte di più. È un fiume in piena quello che ha travolto il sito referendumcannabis.it dove in poco più di 48 ore hanno inserito il proprio nome e cognome, utilizzando il Sistema pubblico di identità digitale (Spid), la metà dei cittadini necessari a chiedere l’indizione di un referendum.

Gli organizzatori della campagna, +Europa e diverse realtà della «galassia radicale», esultano per una risposta che giudicano «stupefacente». Al di là dell’ironia e della soddisfazione, però, denunciano il silenzio del governo, «deve chiarire sull’estensione della raccolta firme al 30 ottobre per evitare discriminazioni rispetto agli altri referendum» dice Marco Perduca (promotore del quesito), e quello della Rai, che non li ha ancora contattati per partecipare a programmi di approfondimento. Su questo punto il forzista Elio Vito, deputato favorevole alla depenalizzazione, ha scritto al presidente della commissione parlamentare di vigilanza Rai Alberto Barachini (senatore di Fi) per invitarlo a intervenire affinché il servizio pubblico garantisca il diritto all’informazione.

Se la Tv di Stato fa ancora finta di non vedere è su internet che la mobilitazione corre veloce. Al ritmo dei 280 caratteri di Twitter, degli hashtag in trending topic, delle storie su Instagram, dei messaggi nei gruppi Whatsapp e chat Telegram. Su quest’onda digitale sono arrivate le prime reazioni politiche, soprattutto dei favorevoli. Nella scia aperta domenica da Beppe Grillo, «firmate e fate firmare», l’eurodeputato 5S Dino Giarrusso ha dichiarato che bisogna «superare il tabù e legalizzare a livello europeo». «Il referendum è la giusta risposta all’ignavia dei governi e del parlamento», scrive Maurizio Acerbo (Rifondazione Comunista).

Di «grande prova di partecipazione e democrazia» ha parlato il segretario di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni che si dice «convinto che ce la faremo con buona pace della destra dei vari Maurizio Gasparri, Matteo Salvini e affini. La società è più avanti della politica». Pronta la replica di Gasparri (Fi): «Gli attacchi di Fratoianni sono per noi medaglie al petto. Vuole droga legale, ius soli e legge Zan. Tutte cose sbagliate e dannose».

Nessuna posizione ufficiale, invece, dal partito di Enrico Letta. «Personalmente sono d’accordo con la depenalizzazione e penso anzi che la cannabis vada legalizzata. I referendum, poi, sono un grande strumento democratico – afferma Enza Bruno Bossio, deputata del Partito democratico – Ma il Pd non prenderà una posizione chiara. Come sui quesiti relativi a eutanasia e giustizia preferirà trincerarsi dietro il livello parlamentare». Bossio aveva presentato nella scorsa legislatura una proposta di legge per la legalizzazione della marijuana firmata insieme ad Alessandro Zan.

Fuori dagli schieramenti politici hanno alzato la voce anche alcuni personaggi in vista, appartenenti a mondi diversi: Roberto Saviano, Lapo Elkann e Fedez criticano le politiche proibizioniste che fanno il gioco delle organizzazioni criminali e invitano a sostenere il referendum. In particolare Fedez ha condiviso su Instagram un vecchio video del 2013 in cui attaccava duramente Carlo Giovanardi, firmatario con Gianfranco Fini di una disastrosa legge sulle droghe giudicata incostituzionale nel 2014, facendo moltiplicare le visite al sito della raccolta firme.

La campagna virtuale potrebbe essere sufficiente a raggiungere le firme necessarie. Se Cassazione e Corte costituzionale daranno poi l’ok al quesito si aprirà la sfida per il quorum e la vittoria del Sì. Di fronte alla possibilità concreta di raggiungere un obiettivo atteso da tempo, soprattutto tra i giovani, non si può escludere che entusiasmo e mobilitazioni escano dal web.