La storia sembra non insegnare nulla. Le classi dirigenti utilizzano la «non prontezza» della società per rimandare delle riforme che la stessa società richiede, ma che fanno paura proprio a loro, ai poteri forti. Accadde anche negli anni Settanta quando si pensava così di evitare per esempio le leggi su divorzio e aborto. Accade anche oggi, nel 2013, quando si parla di uno strumento come il reddito minimo garantito, presente in tutta Europa, tranne che in Italia e Grecia (guarda caso), che il Parlamento europeo ci chiede dal 1992, che abbiamo proposto con una legge di iniziativa popolare accompagnata da oltre 60.000 firme, che tre partiti politici hanno presentato seppur con delle differenze. Eppure i detrattori parlano ancora di utopia, le forze politiche che siedono in Parlamento non lo utilizzano, come si dovrebbe, per ribaltare questa tremenda legge di stabilità. «Non ci sono le risorse, mancano le coperture». «Non si può fare nulla per l’economia, ci sono i parametri dell’Europa». È il mantra per non fare niente. È il mantra che copre un’ipocrisia gigantesca e insopportabile di chi sta in questo governo. Perché le risorse vanno distribuite e ridistribuite a maggior ragione in un paese in cui il 10% delle famiglie detiene il 50% della ricchezza totale, in un paese in cui si spendono 70 milioni al giorno e 26 miliardi di euro l’anno nel settore militare (fonte Sipri), in un paese in cui i manager della pubblica amministrazione sono i più pagati dell’area Ocse.
Succede che per la prima volta in Parlamento giacciono ben tre proposte di legge sul reddito minimo garantito, sono tre proposte di tre forze politiche che disegnerebbero l’altra maggioranza possibile e mai voluta: Pd, Sel e M5S. Già ad aprile, quando consegnammo le firme, ad accoglierci trovammo parlamentari di questi tre partiti, che ci promisero, senza dar seguito alle promesse, di creare un intergruppo. Perché non si è fatto e perché non si farà è presto detto. Ci sono le larghe intese e a farla da padrone sono ancora le proposte del Pdl; le mani in tasca si possono mettere solo alla povera gente; i grandi interessi, i grandi patrimoni, le grandi rendite e le maxi pensioni non si possono toccare.
Per questo, caro Fassina e cari cittadini a 5 stelle, non è possibile discutere di reddito minimo garantito. Perché significherebbe mettere la parola fine a questo governo e forse anche a questa legislatura, che però almeno passerebbe alla storia per aver dato all’Italia uno strumento per ripartire davvero. Ma forse questo non è nell’interesse di nessuno dentro i palazzi ma di una enorme maggioranza fuori, una maggioranza che sotto la pressione della povertà, dell’assenza di futuro, della frustrazione di non sentirsi nemmeno più cittadine e cittadine prima o poi vi presenterà il conto di questi mesi di inutili battibecchi e parole da talk show, utili solo a dar l’idea che tutto cambi per non cambiare nulla.
Ci propongono una legge di stabilità nel momento in cui si dovrebbe dare uno scossone a questo paese. Si riempiono la bocca di proclami per i giovani e li lasciano fuggire, daranno vita a liturgie stanche per la giornata contro la violenza sulle donne senza liberarle davvero, mentre ci sarebbe uno strumento rivoluzionario per liberare tutti e tutte dai ricatti quotidiani, del lavoro e della vita, per ridistribuire ricchezze e potere, per rivoluzionare un welfare che promuova le persone e le loro opportunità, ne riconosca l’autonomia di scelta professionale, intellettuale e artistica.
Noi continueremo a pretendere reddito e chiarezza, verremo a chiedervelo con i nostri corpi fin sotto le stanze in cui vi chiudete dimenticando la vita vera. Perché del reddito minimo garantito sentiamo l’urgenza, oltre che la necessità. E se Casaleggio, si può permettere di aspettare, la vita no, quella non aspetta!
Per questo vi chiediamo di anteporre i diritti dei cittadini e delle cittadine di questo paese a qualsiasi interesse particolare e di dimostrarci attraverso l’approvazione del reddito minimo garantito che la politica esiste ancora e non è subalterna alle botteghe e alle poltrone.

* Presidente dell’associazione Tilt!, che nell’aprile scorso ha presentato alla camera, insieme a più di 160 associazioni, oltre 60mila firme sulla proposta di legge sul reddito minimo garantito