Il «reddito» (minimo, di cittadinanza o, in salsa leghista, «reddito di avviamento al lavoro») è al centro delle difficili trattative per la formazione del prossimo governo. Lo ha confermato ieri Danilo Toninelli, capogruppo M5S al Senato, al termine della riunione dei capigruppo.

Nel giorno in cui il governo uscente e l’Inps di Boeri hanno rilanciato l’attacco ai costi del «reddito di cittadinanza» del Movimento Toninelli ha fatto un assist alla Lega di Salvini che nell’ultima settimana ha presentato la sua proposta (vedi qui i dettagli). Nelle trattative con le altre forze politiche «metteremo al centro, come sempre, i temi che stanno a cuore agli italiani, dalla povertà al taglio delle tasse; ovviamente siamo anche convinti che le altre forze politiche abbiamo delle buone proposte, le aspettiamo e le valutiamo con attenzione. Questo al fine di fare bene e di migliorare la vita di tutti i cittadini italiani» ha detto Toninelli. «Bene l’apertura di Matteo Salvini al reddito di cittadinanza – ha aggiunto- una manovra economica di portata storica per il nostro paese che servirà a produrre nuovi posti di lavoro, non assistenza».

Nel pacchetto delle proposte presentate dal ministro del lavoro in pectore dei Cinque Stelle, Pasquale Tridico, il «reddito di cittadinanza» è stato «un reddito minimo condizionato alla formazione e al reinserimento lavorativo» e rientra nelle politiche attive del lavoro, il cosiddetto «workfare» neoliberale. Non è assistenzialismo, come invece hanno cercato di fare credere gli avversari politici.

«Per fare funzionare il sistema, ha ricordato il segretario di Radicali Italiani Riccardo Magi – c’è bisogno della riforma del Titolo V della Costituzione per riportare la competenza sui centri per l’impiego dalle regioni allo stato centrale». Magi chiede «l’abolizione delle pensioni minime e delle indennità erogate a prescindere dall’Isee che finiscono anche nelle tasche dei benestanti».

I Cinque Stelle prevedono inoltre il salario minimo orario per chi è fuori dalla contrattazione, la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, investimenti statali in «settori «ad alto ritorno occupazionale», il 34% dei quali da destinare al Mezzogiorno.