La politica economica improntata sulla realizzazione di grandi opere e di grandi eventi e sulla precarizzazione del lavoro è stata l’asse portante degli ultimi governi. Questi i risultati: un pil dal 2007 ad oggi a –7%, un milione di posti di lavoro in meno, 91% di procedimenti fallimentari in più ed un reddito pro capite ai livelli del 1993/94. Il governo Letta è chiamato a consolidare questo scenario che in realtà è oggi il più utile degli strumenti di governo, leva attraverso cui impostare i ricatti che subiamo quotidianamente: debito, precarietà sul lavoro e nella vita, cemento per far ripartire l’economia. E’ a partire da queste tematiche che la MayDay si ritrova a piazza XXIV maggio (ore 15) per la dodicesima volta per terminare sotto il nuovo palazzo della Regione, simbolo della cementificazione della città. Anche quest’anno saremo in piazza non a rappresentare una porzione di popolazione «bisognosa» bensì ad esprimere la potenza di chi attivamente partecipa alla produzione sociale. La richiesta di reddito di base incondizionato, sganciato dal lavoro, è ben altro rispetto ai cosiddetti ammortizzatori sociali. Mayday013 cambia così faccia e diventa Reddito per tutte/i, NoExpo. A 2 anni dal 1 maggio 2015, inizia un percorso che vuole rimettere in gioco quel sistema produttivo che individua nell’Expo2105 l’opportunità di speculare in funzione di un ulteriore trasferimento di ricchezze in direzione del ceto più abbiente. Il debito degli enti locali è già oggi sotto stress quando si parla di finanziare la spesa sociale, non lo è quando si parla di spendere centinaia di milioni di euro per opere dannose. Cemento significa, oltre che l’ennesima esplosione immobiliarista, tre mostri d’asfalto quali Tem, Pedemontana e Brebemi, tre nuove autostrade ad invadere i campi agricoli e il verde della Milano ipocrita di «Nutrire il Pianeta». La precarietà in tutti i suoi assi subisce un’accelerazione proprio a causa del grande evento e del clima di eccezione che ci viene imposto, fra le altre cose, dal «commissario unico per l’Expo», ennesima fuga in avanti in direzione di un autoritarismo che non lascia spazio alle esigenze di democrazia dei territori. Sarà una Mayday nuova, un nuovo inizio contro la fabbrica della disuguaglianza che semina nocività e distribuisce solo le briciole.
That’s enough: mayday!