I «risparmi» sui 5,9 miliardi di euro stanziati nel 2019 sul cosiddetto «reddito di cittadinanza» sono «800 milioni». «Una cifra che il legislatore potrà utilizzare come crede» ha ribadito ieri il presidente dell’Inps Pasquale Tridico. È questo un problema: al momento, non è chiaro se il governo intende gettare i fondi nel buco nero dei conti, quei 10 miliardi circa ritenuti necessari per tagliare il deficit previsto dalla commissione Ue al 2,5% sul Pil, e che vuole abbassare al 2,1%. Ipotesi alternativa: non è chiaro se questi fondi saranno destinati «all’aiuto alle famiglie con figli», per «il ceto medio», i temi sui quali il vicepremier Di Maio e i Cinque Stelle hanno fatto la campagna elettorale per le Europee e, dopo la batosta, hanno fatto scomparire dai radar. Esiste una sola certezza: a fine anno, quando saranno fatti i conti veri, questi fondi non saranno investiti per aumentare la platea sottodimensionata degli aventi diritto in un paese impoverito e ridurre la condizionatezza molto limitante di un sussidio pensato per obbligare al lavoro «di pubblica utilità» e alla mobilità forzata. E così potrà essere l’anno prossimo quando questo governo potrà anche non esserci, ma i «7,2 miliardi» «a regime» segnalati ieri da Tridico rischieranno di essere tagliati ancora di più, considerato che si dovranno trovare 28,8 miliardi solo per evitare l’aumento dell’Iva. Nel 2019 sono altri 23 miliardi. Al netto delle conseguenze che provocherà la legge di bilancio di quest’anno.

Le incertezze che gravano su questa forma aggressiva di «workfare» non sono solo contabili. Interessano anche la sua applicazione amministrativa. Ieri le regioni Lazio e Lombardia hanno segnalato che gli elenchi dei beneficiari del «reddito» non sono stati inviati dall’Anpal per la sottoscrizione del patto per il lavoro da parte di 120 mila persone. «Ci è stato dato un elenco di 6 mila nomi – ha detto l’assessore al lavoro nel Lazio Claudio Di Bernardino – Ma possiamo usarlo solo se si presentano spontaneamente. Ci manca la strumentazione con cui partire». L’Anpal assicura che la procedura sarà operativa da domani. L’assessore al lavoro lombardo, Melania Rizzoli, parla di «difficoltà estreme», mentre Gianni Bocchieri, il direttore del suo assessorato, ritiene che le convocazioni per i colloqui non partiranno «prima dell’otto luglio». Per avviare la nuova fase della «politica attiva» sarà inoltre necessaria l’assunzione di 4 mila persone a tempo indeterminato e 1600 a tempo determinato da parte delle regioni nei centri per l’impiego. Il decreto è all’esame della Corte dei conti e un emendamento al decreto crescita ha rinviato l’applicazione al 31 agosto. Ieri sono stati pubblicati gli elenchi dei vincitori del «concorsone» per i 2.980 «navigator» precari. Insieme ai 654 precari storici dell’Anpal servizi formeranno un ente con il record mondiale di precariato storico