Le famiglie povere in termini assoluti in Italia sono 1 milione e 778mila, 5 milioni e 58mila persone. Secondo l’Istat le famiglie straniere residenti sono il 27% di quelle povere nel nostro paese, oltre una su quattro, più di un terzo sul totale degli indigenti. Nelle faticose, e ancora imperscrutabili, trattative sul sedicente «reddito di cittadinanza» che dovrebbe trovare spazio nella legge di bilancio del governo «giallo-verde» ieri il vice-premier e ministro dell’Interno Matteo Salvini (Lega) è tornato a ribadire l’esclusione di queste persone (un segmento cospicuo dei destinatari) dal reddito minimo per l’inserimento lavorativo o la riqualificazione professionale che l’esecutivo intende istituire insieme a un sistema del lavoro obbligatorio: 8 ore di lavoro gratuito per lo Stato a settimana per i beneficiari. «Sono sicuro – ha detto – che gli amici Cinque stelle stanno studiando una formula del reddito di cittadinanza intelligente che lo limiti ai cittadini italiani».

A sentire l’intervento di ieri del ministro dell’economia Tria in un question time al Senato questo sarà il nuovo fronte del conflitto interno alla maggioranza. Sempre che i Cinque Stelle non abbiano cambiato idea nel frattempo (cosa possibilissima per mantenere in vita il governo) il loro disegno di legge depositato nella scorsa legislatura «prevedeva che a tale misura possano accedere cittadini italiani o dell’Ue, residenti sul territorio nazionale», i cittadini dei paesi terzi a condizione che i Paesi d’origine avessero sottoscritto convenzioni bilaterali di sicurezza sociale» con l’Italia. A supporto di un’eventuale conferma di questa impostazione c’è il criterio adottato per distribuire il «reddito di inclusione» (ReI) che dovrebbe confluire in una misura unica chiamata «reddito di cittadinanza». In questo caso, tra l’altro, il richiedente deve essere «residente in Italia in via continuativa da almeno 2 anni». Tria ha precisato che è in corso uno studio anche sulla platea dei destinatari della nuova misura, dovrebbero esserci quote significative di «poveri relativi» (quasi 9 milioni di persone, si presume anche qui siano presenti quote di cittadini stranieri). E ha aggiunto, citando alcune sentenze della Consulta: «Resta ferma la possibilità di definire altri indici di radicamento territoriale a cui subordinare benefici di welfare nei limiti della non discriminazione».