Scricchiolii. Nulla di irreparabile ma segnali d’allarme sì. Il primo è quella somma vertiginosa che verrebbero a costare i progetti presentati dai vari ministeri per il Recovery Plan italiano: poco meno di 700 miliardi, ben oltre il triplo di quanto l’Unione metterà a disposizione con il New Generation Eu. C’è di tutto: dalla digitalizzazione e automazione del ministero degli Esteri per avere «un edificio intelligente» ai progetti spaziali per l’osservazione della Terra e dei piccoli satelliti, dal Piano per le nuove competenze che dovrebbe rendere attrattivi per tutti i centri per l’impiego alle piattaforme locali per l’e-commerce.

SONO PROGETTI SPEDITI alla rinfusa da ciascun ministero, senza coerenza o visione strategica, svuotando i cassetti secondo una logica opposta a quella virtuosa illustrata ieri in audizione da Roberto Gualtieri. «Non faremo centinaia di microprogetti ma pochi grandi progetti collegati da una logica di missione», annuncia infatti il ministro dell’Economia. «La documentazione uscita è molto datata. Appartiene a una fase superata», spiega.

È certamente così. Non sarà il minestrone immangiabile cucinato nei ministeri a raggiungere Bruxelles. Ma quella caotica massa di progetti è stata messa insieme di recente, non mesi fa, e il segnale non depone a favore della capacità italiana di muoversi con rapidità, perizia ed efficacia. Il tempo invece stringe. Gualtieri ha confermato ieri di voler presentare sia le linee portanti del Piano che i «cluster progettuali» già il 15 ottobre, con «l’obiettivo di farci trovare pronti il primo giorno utile, senza aspettare aprile». Non è eccesso di zelo ma necessità pressante: in caso contrario ottenere l’anticipo della prima tranche del Recovery Fund nei primi mesi del 2021 non sarà possibile e di quell’anticipo l’Italia ha bisogno come dell’ossigeno. Al momento la navicella del governo naviga però ancora in alto e mare. Non a caso nella maggioranza tutti guardano stupiti e invidiosi al Piano francese: 70 progetti al posto dei 557 italiani, già ripartiti lungo tre direttrici principali. I francesi, insomma, hanno fatto in poche settimane quel che per il governo italiano è impresa quasi sovrumana: hanno scelto.

IL SECONDO SCRICCHIOLIO è il discorso profetico di un Grillo d’antan ai senatori 5S di ieri. Una frase in particolare, omogenea al tono generale del sermone: «Pensare di usare il Recovery Fund per raddoppiare il Pil è da folli». Il comico non vaneggia, potrebbe avere ragione. Solo che la sua visione è opposta a quella di Conte e del ministro dell’Economia, il cui obiettivo conclamato è proprio il raddoppio del Pil. Tenendo conto che i 5S riceveranno dal referendum una forte spinta verso il recupero almeno parziale dell’ispirazione originaria, il messaggio del fondatore e garante non promette molto di buono. Specialmente con l’eterna questione del Mes che resta irrisolta ma non potrà rimanerlo in eterno. «Noi non arretreremo e nessuno può permettersi di dire che è un capitolo chiuso», tuona Zingaretti. Neppure questo è un segnale che fa presagire tempo sereno.

INFINE L’AVVERTIMENTO di Europol, secondo cui le mafie si stanno organizzando per dare l’arrembaggio ai capitali del Recovery. Non che sia un annuncio imprevisto ma il combinato tra l’offensiva mafiosa e le nuove regole del dl Semplificazioni non possono non destare preoccupazione.

QUANDO SI PARLA di rimpasto bisogna pensare a questa rovello: la sensazione che la squadra così com’è non sia in grado di gestire quella sfida del Recovery persa la quale, secondo Conte, «i cittadini avrebbero il diritto di mandarci a casa». Per questo le vere poltrone nel mirino sono tre: i Trasporti, lo Sviluppo e la stessa Economia. Nel Pd sono in molti a sussurrare che Gualtieri sarebbe un ottimo candidato per la poltrona di sindaco di Roma. In questo caso ne resterebbe vacante un’altra: quella di via XX settembre. Chissà se pensa a lui Zingaretti quando, dopo aver constatato che «la partita del Quirinale sarà lunga, difficile e andrà ben oltre i confini di questa maggioranza», afferma: «Un nome in mente per il candidato a Roma ce l’ho ma lo dirò solo dopo le regionali».