Mentre il Portogallo ha già consegnato a Bruxelles il suo piano, l’Italia di Draghi è in stallo sul Recovery plan. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza è ancora appeso alle dispute nella maggioranza e alle mediazioni che Draghi dovrà inevitabilmente fare.

Il testo sarà oggetto di un primo consiglio dei ministri oggi, ma l’approvazione slitta a mercoledì 28 o giovedì 29. Nel mezzo l’illustrazione – dunque senza testo definitivo – alle camere tra lunedì 26 e martedì 27. Un cronoprogramma che non piace anche dentro la maggioranza e che si apre alle critiche, specie delle associazioni ambientaliste.

Dopo le anticipazioni, il Mef ieri ha reso pubblico le 25 slide della «presentazione al consiglio dei ministri del 23 aprile», – cioè di oggi – ma il loro contenuto è ancora non definitivo e potrebbe essere modificato.

RISPETTO AL PIANO PRECEDENTE del governo Conte due c’è un taglio netto alle risorse previste per la sanità. Se nell’ultima versione di gennaio del governo Conte erano previsti 18 miliardi, nelle slide del Mef ora guidato da Daniele Franco siamo a quota 15,6: il taglio è di 2,4 miliardi. E colpisce che sia certificato proprio il giorno dopo l’intervento di Draghi in preparazione del vertice del G20 sulla salute del 21 maggio a Roma, nel quale il presidente del consiglio ha parlato dell’importanza di «sostenere la ricerca e ristrutturare i sistemi sanitari».

In serata il ministro Roberto Speranza ha parlato di 19,7 miliardi di finanziamenti, ma non ha specificato le diversità dal testo del Mef.

Nella bozza ad esempio manca la proroga al 2023 del Superbonus al 110% per le ristrutturazioni green e antisismiche. Nelle slide si quantificano in tutto 18,5 miliardi (10,26 dai fondi Ue e 8,25 dal fondo complementare), la stessa cifra già prevista, che prevedeva una estensione della misura ma limitata a una proroga per i lavori negli edifici Iacp e un allungamento a fine 2022 per i condomini «a prescindere dalla realizzazione di almeno il 60% dei lavori». Duunque niente 2023.

SUL PUNTO SI È FORMATA una strana alleanza tra M5s-Confindustria, entrambi chiedono la proroga del superbonus 110% al 2023. «Sarebbe un gravissimo errore perché danneggerebbe il settore delle costruzioni, che è volano dell’economia ed è ad alta intensità di occupazione. La proroga è necessaria, tanto più che il Superbonus è partito in ritardo viste le complessità amministrative». Così Emanuele Orsini, Vice Presidente di Confindustria per il credito, la finanza e il fisco. «Una scelta miope quanto incomprensibile perché penalizza fortemente il settore manifatturiero».

SEMPRE NELLE COSTRUZIONI, nelle linee guida il Mef sottolinea la necessità di «interventi sul codice degli appalti», questione sulla quale la contrarietà dei sindacati è totale mentre forte è il pressing di Confindustria, destra e presidente dell’Antitrust Rustichelli.

La struttura del piano è stata modificata. I fondi europei nel ricalcolo sono scesi da 196 a 191,5 miliardi, ma a loro viene affiancato il «Fondo complementare» da 30 miliardi fino al 2026, finanziato in deficit grazie al nuovo scostamento, appena approvato dal parlamento insieme al Def. Inoltre non vengono conteggiati gli altri fondi del Next Generation Eu, come il React Eu.

IN TUTTO DA OGGI AL 2026 ci sono comunque 221 miliardi da suddividere tra 6 missioni: digitalizzazione, competitività e cultura, rivoluzione green e transizione ecologica, mobilità sostenibile, istruzione e ricerca, inclusione e coesione, salute. Da queste discendono 16 componenti e 39 assi di intervento.

Nel dettaglio il piano finanzia 135 progetti e 7 riforme, dal reclutamento della Pa alla giustizia senza dimenticare le politiche attive del lavoro, cui si aggiungono i 29 investimenti del piano complementare.

QUESTI ULTIMI SARANNO GESTITI seguendo le stesse regole del piano principale, salvo non avere obblighi di rendicontazione a Bruxelles. Sono stati spostati sul fondo extra Recovery parte dei fondi per la banda ultra larga e il 5G (1,4 miliardi che si aggiungono a quelli del Recovery, portando in tutto lo stanziamento a 6,71 miliardi), il piano per modernizzazione e sostenibilità ambientale dei porti (per 2,8 miliardi), il nuovo sistema di monitoraggio da remoto di ponti, viadotti e tunnel per 1,6 miliardi.