Sayffulo Saipov, l’attentatore che ha seminato il terrore a Manhattan due giorni fa, è originario dell’Uzbekistan, paese che da molti anni è uno diquelli con più alto tasso di reclutamento per le organizzazioni radicali islamiche.

LA PRINCIPALE, da cui proviene probabilmente lo stesso Saipov, affonda le proprie radici nel Movimento islamico dell’Uzbekistan, una formazione estremista sorta nel 1996 e frutto dell’unificazione di varie organizzazioni radicali come la «Società dell’uguaglianza» e il «Partito islamico di rinasciata. Inizialmente il gruppo, che poteva contare su circa un migliaio di militanti, conduceva un’attività di guerriglia a cavallo dei confini tra Uzbekistan, Kirghistan e Tajikistan. Ma le dure sconfitte militari subite negli scontri con l’esercito regolare uzbeko, portarono l’organizzazione a orientarsi dal 2002 verso la pura attività terroristica, trovando base in Afghanistan e Pakistan.

Con l’ascesa nel 2012 al vertice dell’organizzazione di Isman Gasi, il Movimento Islamico dell’ Uzbekistan ha effettuato la seconda svolta della sua storia prima trasformandosi in una centrale internazionale del terrore fondamentalista sparsa nel mondo, e poi confluendo ufficialmente nell’Isis nel 2014. Secondo Boris Savodjan, esperto di movimenti radicali del Centro Asia, l’Isis avrebbe permesso al gruppo di mantenere una certa autonomia soprattutto per quanto riguarda il reclutamento che avverrebbe ancora principalmente in Uzbekistan.

IL SUO GRUPPO DIRIGENTE agisce in completa clandestinità e gli stessi servizi d’intelligence internazionali conoscono assai poco del suo modo di operare. La stessa biografia di Isman Gasi resta un mistero. Nato nel 1970 in un famiglia operaia, avrebbe servito, prima di darsi alla clandestinità, come ufficiale nell’esercito regolare uzbeko. Il ministero della Difesa russo in un recente dossier che si occupa principalmente del problema del rischio di transito in Russia di gruppi di foreign fighters sbandati dopo la disfatta dello Stato islamico in Siria, affermano che «almeno il 50% dei 10 mila combattenti provenienti dai territori ex-sovietici sono di origine uzbeka».

Un dato che dovrebbe far riflettere il regime di Taskent il quale riporta orgogliosamente il dato diffuso da Centro di ricerca sul terrorismo australiano nel 2016, secondo cui l’Uzbekistan sarebbe uno dei paesi più sicuri del mondo. Una sicurezza, per molti versi pagata dal mondo in termini di diffusione di guerra e terrore.

L’UZBEKISTAN È GOVERNATO ininterrottamente dal 1991 dalla famiglia Karimov, la quale controlla direttamente gran parte le ricchezze del paese. Islam Karimov già segretario del partito comunista in epoca sovietica e poi presidente uzbeko sempre rieletto con percentuali “bulgare”, dopo la sua morte ha lasciato in eredità il paese alla avvenente figlia Gulnara. Gli Stati uniti e la Russia hanno sempre sostenuto – e ampiamente foraggiato – Karimov «per la sua intransigente lotta al terrorismo», cercando di nascondere al mondo la tragica realtà del paese. Dove il Pil pro capite annuale non raggiunge il 1500 euro, dove le privatizzazioni hanno distrutto i pochi servizi sociali esistenti in epoca sovietica, dove più della metà della popolazione maschile tra i 18 e i 40 anni è emigrata all’estero per la cronica mancanza di lavoro. Un paese come denuncia l’Associazione Memorial di Mosca, «dove sono imprigionati oltre 7.000 oppositori politici e dove non esiste una stampa libera».

INTANTO A SAN PIETROBURGO il ministero degli Interni russo, da oggi ha previsto misure speciali di sicurezza antiterroristiche per l’arrivo di personalità governative da Cuba, Vietnam e Cina atterrate in Russia per partecipare al meeting celebrativo dei 100 anni della rivoluzione russa che raccoglierà intorno al Partito comunista russo oltre 100 delegazioni comuniste di tutto il mondo e che si concluderà a Mosca con un grande corteo, il 7 novembre.