Negli ultimi dodici mesi su 100 nuovi occupati ben 95 erano a tempo determinato, quattro autonomi e solo uno è a tempo indeterminato o permanente: dei 457mila nuovi occupati su base annua 434mila sono a termine, che complessivamente sfondano per la prima volta quota 3 milioni. Il record della precarietà arriva con i dati Istat sul mese di maggio.
E il M5s e il ministro Di Maio hanno buon gioco a definire questi numeri come «il fallimento del tanto esaltato Jobs act» che Matteo Renzi aveva varato con il decreto Poletti del marzo 2014 proprio con l’obiettivo di ridurre la precarietà.
Una costante si ritrova invece nei dati spacchettati per fasce d’età. Crescono soprattutto gli occupati ultracinquantenni (+468 mila) e i 15-34enni (+106 mila) – con la disoccupazione giovanile che cala al 31,9% ma resta la più alta nella Ue solo dopo Spagna e Grecia – mentre calano gli occupati tra i 35 e i 49 anni (-116 mila). A vincere sono sempre gli over 50 e maggio lo conferma, facendo registrare per questa classe quasi centomila occupati in più. Chiaro effetto dell’aumento dell’età pensionabile. L’allungamento delle carriere potrebbe avere spinto anche il tasso delle donne a lavoro, che ha raggiunto il 49,7%, altro record dall’avvio delle serie statistiche dell’Istituto nazionale di statistica nel 1977. La cifra resta però è molto più bassa rispetto al resto d’Europa: nell’Eurozona, dove il tasso dei senza lavoro è sensibilmente inferiore (stabile all’8,4%) e per i ragazzi è quasi la metà di quello italiano.
Tra gli under25 scendono sì i disoccupati ma aumentano anche gli inattivi. La variazione più forte registrata rispetto al mese precedente riguarda la stima delle persone in cerca di occupazione a maggio che registra un forte calo: -2,9%, pari a 84 mila persone.
Ma basta un leggero calo del tasso di disoccupazione – scesa al 10,7 per cento – e un aumento del numero di occupati – 144mila in un mese per un totale di con 23 milioni e 382 mila persone – per riaprire la gran cassa renziana che per l’occasione rispolvera addirittura «il milione di posti di lavoro in 4 anni». E sembra contagiare stranamente anche la stessa Istat che, dopo averne ribadito fino a qualche mese fa «la debolezza», ora parla di «netto miglioramento» del mercato del lavoro in Italia.
Il quadro è invece desolante analizzando anche il numero di ore lavorate. «A fronte del milione di occupati in più, le ore lavorate sono oltre 1,2 miliardi in meno del 2008, un numero equivalente a circa 700mila occupati a tempo pieno – sottolinea Stefano Fassina di Leu – . L’incremento percentuale dei nostri occupati è circa la metà di quanto registrato in media nell’eurozona, un effetto dovuto a un aumento del Pil che ci ha visto in coda alla dinamica media dellarea monetaria», prosegue Fassina.
In chiaroscuro la posizione dei sindacati, sia la Cisl che la Uil riconoscono la crescita dell’occupazione ma fanno notare come per gran parte sia a tempo.