Facebook ha presentato un reclamo contro l’ordinanza del Tribunale di Roma che il 12 dicembre scorso ha imposto al social network la riattivazione della pagina di CasaPound Italia (Cpi) e quella del suo amministratore Davide Di Stefano. Pagine e account personali collegati a quell’organizzazione e a Forza Nuova erano stati eliminati dalla piattaforma il 9 settembre 2019 in seguito a una decisione della società che le accusava di «diffondere odio».

LA GIUDICE Stefania Garrisi aveva accolto le richieste di Cpi sulla base di due elementi principali. Il «ruolo di centrale e primaria importanza ricoperto dal servizio di Facebook» nel dibattito pubblico, cui si relaziona un «rilievo preminente» rispetto all’attuazione di un principio costituzionale come quello del pluralismo dei partiti politici. Il fatto che le condotte anche illecite dei singoli aderenti all’organizzazione non possono essere automaticamente attribuite alla stessa e che la pagina ufficiale non è stata utilizzata per promuoverle.

I DUE ELEMENTI all’origine del pronunciamento sono stati accertati in modo «sommario» e hanno portato a un’ordinanza di tipo cautelare. Cpi, infatti, aveva intentato un procedimento d’urgenza (ex articolo 700 del codice di procedura civile) che è regolato secondo queste caratteristiche. Con la presentazione del reclamo, però, si entra in una fase processuale di natura diversa, in cui le posizioni delle parti e le prove addotte dovranno essere valutate con «cognizione piena».

«NON VOGLIAMO che le persone o i gruppi che diffondono odio o attaccano gli altri sulla base di chi sono utilizzino i nostri servizi, non importa di chi si tratti – afferma in una nota un portavoce di Facebook – Abbiamo una policy sulle persone e sulle organizzazioni pericolose che vieta a coloro che sono impegnati in “odio organizzato” di utilizzare i nostri servizi. Partiti politici e candidati, così come tutti gli individui e le organizzazioni presenti su Facebook e Instagram, devono rispettare queste regole, indipendentemente dalla loro ideologia. Ci sono prove concrete che CasaPound sia stata impegnata in odio organizzato e che abbia ripetutamente violato le nostre regole. Per questo motivo abbiamo presentato reclamo contro l’ordinanza del Tribunale di Roma».

SE NEL PROCEDIMENTO d’urgenza il Tribunale ha riconosciuto una particolare rilevanza politica del social network, da cui deriva l’impossibilità di derogare attraverso l’arbitrio privato a principi costituzionali, adesso dovrà presumibilmente stabilire se CasaPound è effettivamente impegnata a promuovere «odio organizzato». L’ordinanza potrebbe essere ribaltata, ma non è affatto scontato.