Si dice che una delle promesse che la realtà virtuale porta con sé sia quella di rivoluzionare l’arte cinematografica. Che sia vero o meno, la Biennale Cinema di Venezia, che già lo scorso anno aveva dedicato un’intera sezione a questa nuova forma estetica, ha deciso di approfondire l’esperimento accogliendo per la sua 75a edizione un numero cospicuo di lavori, ben quaranta, e rendendo così la sezione una manifestazione all’avanguardia ben oltre il semplice allestimento ormai doveroso per i grandi festival di cinema.
IL LAZZARETTO
Il programma, quello si, promette di integrare la realtà virtuale nell’universo cinematografico, ormai espanso, attraverso esperienze percettive fruibili grazie alle più moderne tecnologie nella cornice storica del Lazzaretto Vecchio. La celebre isola della laguna centrale, nota per essere stata la sede di uno dei primi esempi di organizzazione sanitaria volta a fronteggiare le epidemie migrate attraverso i commerci internazionali del XV secolo, ospiterà infatti tre ambienti, ciascuno dei quali pensato per soddisfare le diverse modalità di fruizione che questa nuova frontiera dell’entertainment richiede. Una nuova forma di spettacolo che oggi investe tanto l’ambito delle tecniche quanto la dimensione corporea dello spettatore e l’esperienza sensibile collettiva.
SIMULAZIONE
Un cinema a cui viene sottratto il grande schermo ma in cui viene potenziato il coinvolgimento affettivo, che stimola un nuovo tipo di «fede nell’immagine» e di curiosità verso un universo grafico autosufficiente che abbandona il regime dell’illusione per aprire a quello della simulazione. Una nuova matrice dell’immagine dunque, che sta iniziando a intervenire in maniera diretta nella complessità della vita, competendo con le manifestazioni fisico-materiali del mondo e non più semplicemente facendovi riferimento. E che, al contempo, continua ad affidarsi a quel complesso narrativo che chiamiamo comunemente tutti noi cinema.
IL PROGRAMMA
È forse in questa prospettiva che viene conferita a questa giovanissima sezione del festival pari dignità rispetto alle proiezioni del Palazzo del Cinema al Lido. Non un timido concorso minore – erano cinque su otto le giornate dedicate a tale sezione nel 2017 – ma piuttosto una nuova sezione della durata dell’intero festival (29 agosto – 8 settembre) e con una propria struttura logica. Una scelta che riflette un pensiero lungimirante che non cede a sguardi scioccamente conservativi e per cui il cinema viene promosso come un insieme di eventi.
LE SEZIONI
Saranno tre le differenti sezioni interne alla macro categoria del virtuale, differenti per tipologia di esperienza e modalità di visione e a cui è necessariamente dedicato un ambiente espositivo sull’isola appositamente progettato. Undici installazioni tridimensionali, diciannove visioni stand up, ovverosia postazioni dotate di visori che permettono di immergersi in un ambiente alternativo, e dieci visioni VR theater in cui non solo si è calati in un contesto virtuale ma in cui ci si può muovere interagendo coerentemente con la condizione ambientale e narrativa progettata. Oltre alle trenta opere in concorso, la sezione prevede sei lavori internazionali fuori concorso Best of VR e quattro progetti selezionati dall’esperienza della Biennale College, anch’essi fuori concorso. La giuria presieduta dalla regista danese Susanne Bier, nota al grande pubblico per il suo pluripremiato In un mondo migliore del 2010, da Alessandro Baricco e dall’attrice Clémence Poésy, assegnerà i premi Miglior VR Storia Immersiva, Migliore Esperienza VR per contenuto interattivo, Migliore Storia VR per contenuto lineare.
STORYTELLING
A essere premiata, dunque, è la dimensione dello storytelling e l’efficacia delle sue strategie in ambienti simulati. Linea d’ombra della realtà virtuale ma anche grande occasione per inventare nuovi usi tanto dello strumento tecnologico in sé quanto del contenuto che è possibile produrre: la dimensione narrativa e l’esperienza dello spettatore sono le due dimensioni su cui maggiormente investe l’industria ludica e non solo.
Troveremo ambienti virtuali in cui la percezione dello spazio si riconfigura come in Buddy VR di Chuck Chae, o in cui si è coinvolti nell’esplorazione dello spazio cosmico come in Eclipse di Jonathan Astruc e Aymeric Favre. Ma anche progetti che lavorano sulla memoria storica come Make Noise di May Abdalla in cui si fa esperienza della lotta delle suffragette. Altri lavori intendono stimolare viaggi di coscienza come The Cave di Ivan Gergolet o Umami di Landia Egal e Thomas Pons, altri ancora riflettono proprio sul legame tra il cinema e la realtà virtuale, tra lo spettatore e l’utente, come l’installazione The Horrifically Real Virtuality di Marie Jourdren.
L’ESPERIENZA DIRETTA
Per sapere esattamente di cosa si sta parlando è necessario provare questi progetti personalmente, non c’è descrizione che tenga. Nella realtà virtuale la dimensione dell’esperienza diretta viene completamente recuperata e integrata come necessaria. Si può vedere la fotografia di una spiaggia e avere un’idea del luogo ma non si può fare ciò con la realtà virtuale, è necessario indossare le apparecchiature per entrarvici e perdersi in essa per un tempo. Che la realtà sia una scarsa risorsa, del resto, è quanto il cinema stesso tematizza ormai da decenni.
GRANDE ESPERIENZA
Se si desidera l’approdo al Lazzaretto è opportuno sapere che la durata dei singoli progetti oscilla tra i cinque e i quaranta minuti e che la prenotazione è necessaria e possibile per tutti gli accreditati. Andate a curiosare dunque. Del resto, come sosteneva Kandinskji, l’occhio aperto e l’orecchio vigile possono trasformare le più piccole scosse in grandi esperienze.