Giuseppe Cederna torna in scena «cucendosi» addosso uno spettacolo (con Sergio Maifredi, coautore e regista dello spettacolo) che sotto il titolo Le isole del tesoro (ancora stasera e domani pomeriggio al teatro Vittoria) intreccia tre diversi racconti. Il primo ha un carattere strettamente «biografico», svelando l’abituale buen retiro dell’artista in un isola greca, ospite nella casa generosa di due isolani, che oltre a garantirgli l’ospitalità, gli offrono il sapore verace dell’avventura, del mangiare sano e di gusto, e soprattutto della fantasia che le onde dell’Egeo possono dischiudere e moltiplicare.

IN QUEL CONTESTO isolano e isolato, Cederna pensa a un’altro luogo mitico, quella Isola del tesoro che dalla fine dell’ottocento è un fondamentale romanzo di formazione per diverse generazioni di ragazzi, muovendosi tra avventura e valori spesso in conflitto di fascinazione. E non secondaria nel racconto, emerge anche l’avventura umana dell’autore di quel romanzo, Robert Louis Stevenson, un genio letterario che fece anche della propria vita un’avventura, scrivendo quel romanzo che non solo in forma di libro, ma anche di numerosi film e di memorabili sceneggiati televisivi, ha educato ondate successive di ragazzi al coraggio che sconfigge la paura e in qualche modo rende felici (grazie anche al tesoro infine recuperato in quei fantastici e sperduti mari della fantasia).

LO SPETTATORE è chiamato a immedesimarsi per prendere parte al gioco, senza la necessità di dover discernere troppo per il sottile tra le avventure dello scrittore Stevenson, quelle del suo eroe Jim capace di sconfiggere il pirata sanguinario che allo stesso tesoro ambisce, e quelle dello stesso Cederna che ce le racconta, dal beato isolamento in mezzo all’Egeo, àncora (e tesoro) di salvezza dalle incertezze della vita di palcoscenico che la pandemia ha esasperato. Cederna è bravo a tenerci appesi a quei tre racconti intrecciati, e superando qualche esitazione, anche lo spettatore può fantasticare la propria isola di coraggio, e di felicità.