Ixcanul, il vulcano, divide il mondo arcaico dei Maya Cakchiquel dal sogno americano, delle villette con giardino e del lavoro per se stessi invece che nelle piantagioni di caffè dei padroni che si arricchiscono alle loro spalle. Quasi ignorando che tra loro e gli Stati Uniti c’è tutto il Messico, gli indios guatemaltechi protagonisti di Ixcanul di Jayro Bustamante vedono il vulcano attivo che sovrasta le loro terre come il limite ultimo oltre il quale c’è un mondo moderno e pieno di possibilità. O almeno così pensa Maria, la giovane protagonista, che vuole fuggire con il ragazzo di cui è innamorata e che l’ha messa incinta, Pepe, negli Stati Uniti. I suoi genitori hanno però previsto per lei un matrimonio combinato con Ignacio, il padrone della piantagione di caffè in cui tutti loro lavorano. Vincitore a Berlino dell’Orso D’argento – premio Alfred Bauer per il film che apre nuove prospettive sul cinema, ed ancora in sala, Ixcanul assiste al dissolversi delle speranze di Maria, intrappolata in un mondo di contraddizioni. Quella tra la comunità pre-moderna a cui appartiene, in cui neanche si parla lo spagnolo, e gli sconosciuti codici del mondo contemporaneo; quella tra realtà e superstizione e tra uomini e donne.

 

 

La lingua stessa, nel film, è uno strumento di potere e sopraffazione.
Il Guatemala è in maggioranza Maya, mentre la minoranza a cui appartengo è una mescolanza tra spagnoli ed indios che ha ricevuto un’educazione occidentale. Io, ad esempio, ho avuto una tata Cakchiquel, che mi ha insegnato alcune parole, ma non ho mai imparato la lingua. È una cosa a cui non siamo interessati: non facciamo mai nostra la prospettiva dei Maya, che pure sono la maggioranza. Sono loro a doversi rivolgere a noi, assumere le nostre usanze, senza che si faccia nulla per facilitare questo incontro. La disuguaglianza è fortissima, ed il film parla proprio di questo: di quei codici che loro non hanno e quindi non possono capire, che li rendono più facilmente vittime. In seconda istanza parla della discriminazione nei confronti delle donne, a maggior ragione di una ragazza come la protagonista che è single, incinta e povera.

 

Come si è svolto il lavoro di ricerca su questa comunità?
Non ho dovuto fare un lavoro etnografico perché sono cresciuto tra loro fino ai 14 anni. Ho passato molto tempo nella piantagione di caffè di mia nonna e mio padre, vivendo la realtà che racconto. Il primo lavoro che ho fatto con la comunità Maya è stato insieme alle donne: con l’aiuto di un’assistente sociale abbiamo aperto uno spazio in cui potessero esprimersi. L’idea era di trovare tra loro le protagoniste, ma è stato difficile. La realtà maschilista in cui vivono ha pesato molto: le donne che volevano prendere parte al film non hanno potuto, dato che i mariti, i padri o i figli non gli consentivano di andare via perché si dovevano occupare della casa. La prima che ho scritturato è Maria Telon, che interpreta la madre ed insieme a Pepe è l’unica che aveva già esperienza di recitazione : è un’artista del teatro di strada, militante per i diritti delle donne indios.

ixcanul2

 

Prima di iniziare a girare si è chiesto quale fosse il modo giusto di raccontare i Maya?
È la prima domanda che mi sono posto. Nella storia c’è una componente di realismo magico molto importante, che funziona soltanto se si è davvero fedeli alla realtà delle cose. Anche per questo abbiamo voluto aprire lo spazio di espressione per le donne: perché mi aiutassero a riscrivere la sceneggiatura scendendo più in profondità nelle loro vite. La struttura drammaturgica del film non è stata toccata, ma ho modificato le singole scene per renderle più vere, un lavoro continuato poi con gli attori, che hanno avuto il pieno controllo dei propri ruoli. Abbiamo anche cambiato completamente delle sequenze per poterle rendere più realistiche in base alla loro visione. Per me il film doveva iniziare con la contemplazione di un mondo ed andare in crescendo in termini di ritmo fino ad arrivare all’apice drammatico, in cui a Maria accade la cosa più terribile per una donna: perdere un figlio che le viene rubato da dentro. Dopo che hai vissuto tutto questo, sposare il tuo nemico sembra quasi un happy end.

 

 

Dopo il premio a Berlino cosa è cambiato?
Molte cose, soprattutto per il Guatemala. Prima il Ministero della Cultura non aveva interesse nel cinema: non c’era neanche una legge o un ufficio appositi. Ora che Ixcanul ha vinto l’Orso D’argento cominciano almeno a chiedersi se sia importante o no. Dopo decenni di battaglie, significa che le porte cominciano finalmente ad aprirsi.