Fim, Uilm, Cisl e Uil manifesteranno oggi sotto la Regione Puglia, a Bari, per chiedere al governatore Michele Emiliano di ritirare il ricorso presentato al Tar contro il decreto del governo che autorizza il piano di Arcelor Mittal per l’Ilva di Taranto. La Fiom invece non ci sarà: «Non intendiamo essere usati, schierarci con l’uno o con l’altro in uno scontro istituzionale che uccide la trattativa», spiega al manifesto la segretaria generale della Fiom Cgil, Francesca Re David.

La Fiom però ha comunque invitato Emiliano a ritirare il ricorso, come Fim e Uilm.

Sì, certo, ma non siamo in una prospettiva di scontro con le istituzioni: al contrario, vorremmo che la Regione Puglia si sedesse al tavolo locale che si stava per aprire grazie anche alla nostra insistenza. All’ultimo incontro, il 28 novembre, con azienda e governo ma senza le istituzioni locali, avevamo ottenuto che si fissasse a breve finalmente un tavolo che includesse Regione e Comune per Taranto, e ugualmente a Genova per l’accordo di programma. Il governatore era stato informato, ma lo stesso sono partiti il ricorso e lo scontro. Che non aiutano una trattativa che stava andando bene.

Cosa avevate ottenuto?

Degli avanzamenti che riteniamo importanti: siamo passati da 1,2 miliardi di euro a 2,7 per l’ambientalizzazione, con Arcelor Mittal che si impegnava a utilizzare le migliori pratiche possibili per abbattere gli inquinanti. In più, si era ottenuto un significativo anticipo della copertura dei parchi minerali: se il piano originario fissava la deadline entro il 2024, noi siamo arrivati alla partenza dei lavori a inizio 2018 e conclusione entro 36 mesi. In più, i due tavoli per Genova e Taranto con le istituzioni locali: punto non certo secondario, visto che in Puglia c’è una legge regionale che impone il parametro del danno sanitario oltre a quello dei livelli di inquinamento, e la Fiom ci terrebbe a che venisse applicata.

Tenere insieme Emiliano e Calenda è difficile, lo scontro si è acceso ancora di più.

Ma infatti non intendiamo farci usare da nessuno, non prendiamo parte allo scontro tra istituzioni. Allo stesso modo, nel 2012 non scendemmo in piazza con Fim e Uilm sotto la Procura che aveva deciso di spegnere gli altoforni. A Emiliano chiediamo di ritirare il ricorso e venire al tavolo. Al ministro Calenda, che ha deciso di sospendere la trattativa, ricordiamo che la stessa Mittal non ha dimostrato preclusioni alla ripresa del negoziato, e che si stava andando avanti mentre è attesa la sentenza dell’Antitrust Ue: perché allora non ha bloccato tutto per aspettare quest’ultimo verdetto? Non vorremmo arrivare poi con pochi giorni per definire argomenti delicatissimi come l’ambiente e l’occupazione: l’accordo è vincolante, meglio definirlo bene altrimenti non c’è.

Emiliano però chiede la «decarbonizzazione», l’uscita totale dal coke, mentre per voi e la stessa Arcelor Mittal la prospettiva è un’altra: abbattere il più possibile ma non rinunciare al coke. Come conciliare?

Emiliano ci deve spiegare come sia praticabile, nel concreto, la decarbonizzazione. I nostri esperti ci dicono che se vuoi mantenere l’attuale produzione e occupazione, e lo stesso profilo produttivo, è impossibile. Si può e si deve lavorare per abbattere al massimo gli inquinanti, utilizzando le migliori pratiche, e dal tavolo con Arcelor Mittal questi impegni stavano emergendo: poi nessuno dice che alla fine della trattativa si firma a tutti i costi, ma intanto chiediamo a Emiliano di venire a trattare.