Un bilancio dell’unificazione tedesca a 25 anni dalla caduta del muro di Berlino non può essere ridotto semplicisticamente alla verifica della tenuta delle trionfalistiche promesse dell’allora cancelliere Kohl, che sull’accellerazione del processo di unità costruì la sua fama di novello Bismarck, galvanizzando l’orgoglio nazionale dei tedeschi della originaria Repubblica federale e strumentalizzando insieme le aspettative di una parte almeno della popolazione dell’agonizzante Rdt. L’illusione che bastasse estendere all’incorporata Rdt il sistema politico-sociale della Bundesrepublik per realizzare l’integrazione e l’eguaglianza tra le due parti della Germania sino ad allora divisa era destinata a svanire ben presto. In realtà, la unificazione voluta come pura e semplice subordinazione della Rdt alla Bundesrepublik non poteva non produrre l’effetto di rendere permanente il divario iniziale, imponendo una cultura politica che ha eretto a dogma la Soziale Marktwirtschaft a una società e ad un’economia fondata per quarant’anni sulla gestione statale dell’economia e pertanto non preparata in alcun modo a recepire le nuove regole imposte dal nuovo sistema. Soffiando sul vento della caduta delle ideologie con la sconfitta del comunismo la Bundesrepublik ha realizzato l’unificazione con la più ideologica delle operazioni. Oggi nessuno nega che si sia trattato di una pura e semplice annessione, con l’intento di distruggere tutti i segni, e non solo i simboli, del sistema precedente, quasi a dare ragione a quello storico tutt’altro che sprovveduto che ha scritto che la storia della Rdt si potrebbe racchiudere in una nota a piè di pagina. Calpestando così il vissuto di quasi venti milioni di persone che erano state coinvolte, consenzienti o dissenzienti, in quella esperienza.

La distruzione definita dell’economia dell’est già in crisi ad opera della furia privatizzatrice aprì la porta ai manager e agli imprenditori dell’ovest, che realizzarono la spoliazione di quel che di solito rimaneva e scoraggiarono la possibilità che protagonisti della ripresa potessero essere i cittadini dell’ex Rdt. L’occupazione del potere fu totale, dall’economia alla politica, alla cultura. Per chi non fosse accecato dagli ideologismi e dalla propaganda dei nuovi arrivati sarebbe stato facile prevedere che una integrazione equilibrata tra le due parti della Germania avrebbe comportato un processo di 25-30 anni, laddove la violenza della omologazione a tempi da record, lungi dal favorire il raggiungimento dell’obiettivo auspicato, ha creato nuove fratture e nuove forme di estraniazione tra le componenti del paese unificato.

Oggi, se si eccettuano le due città-vetrine di Lipsia e Dresda, il resto della ex Rdt è destinato a rappresentare la parte povera di un paese ricco, fuori dai circuiti dell’industrializzazione, con la restituzione delle terre ai proprietari preriforma agraria in barba agli accordi internazionali che avrebbero dovuto garantire l’impossibilità di un ritorno al passato. Dal punto di vista sociale quasi la metà della popolazione della ex Rdt vive di pensioni e di assistenza dopo la massiccia epurazione realizzata con l’unificazione. Soltanto il passare delle generazioni potrà consentire un riequilibrio non solo demografico ma anche sociale, posto che una rianimazione di attività produttive contribuisse ad assorbire almeno in parte la disoccupazione che oggi rischia di fare della ex Rdt una grande sacca di depressione e di poverà della Germania. L’indubbio miglioramento delle condizioni tecnologiche soprattutto nelle infrastrutture di rilevanti servizi pubblici non compensa tuttavia la ferita anche psicologica subìta dai tedeschi dell’est per essere considerati di fatto cittadini di seconda classe. Una condizione dentro cui ha reagito coraggiosamente in alcuni interventi pubblici uno dei più noti scrittori dell’est, Christoph Hein, che ha dato voce alla protesta contro il tentato ostracismo verso la cultura della Rdt.

Qualcosa oggi si muove anche sotto il profilo delle forze politiche nel senso che l’obiettivo di delegittimare il partito della Linke in quanto successore del partito dominante nella ex Rdt si può considerare sostanzialmente fallito, dal momento che la Spd ha accettato dopo le recenti elezioni regionali in Turingia di entrare in coalizione con la Linke in un governo del Land guidato da un ministro presidente della Linke. È questo il primo segno che il voto dei cittadini dell’Est non è più destinato a rappresentare una parte dell’elettorato ibernato e congelato fuori dal gioco democratico.

Potrebbe essere questo l’inizio del superamento delle molte contraddizioni che hanno caratterizzato l’unione tra le due parti della Germania. L’unificazione ha soprattutto confermato la forza della Germania in Europa e soprattutto la sua vocazione storica a gravitare verso l’est europeo, coprendo un vuoto politico dove in altre epoche la sua egemonia produsse catastrofiche conseguenze oggi scongiurate (si spera) dalla stessa capacità di espansione di un libero mercato che non ha più bisogno di ricorrere alla forza delle armi.