I rom sono i paria d’Europa, bersaglio facile del malcontento sociale e motore di consenso per le estreme destre, vittime di pogrom silenziosi e del «razzismo di Stato» dell’intellighenzia di sinistra, come denunciava un paio d’anni fa – anche dalle colonne di questo giornale – il filosofo francese Jacques Ranciére, commentando gli sgomberi e i rastrellamenti ordinati dal ministro dell’Interno socialista della Francia, Manuel Valls (il futuro premier).

In occasione della Giornata internazionale dei rom e dei sinti, Amnesty International ha diffuso un rapporto sulle discriminazioni nel vecchio continente, mettendo sotto accusa i leader europei. «Negli ultimi anni vi è stata una rilevante crescita della violenza anti-rom», ha detto John Dalhuisen, responsabile del Programma Europa e Asia dell’organizzazione per i diritti umani, «e la risposta è stata clamorosamente inadeguata. Troppo spesso i leader europei si mostrano compiacenti verso i pregiudizi che alimentano la violenza contro i rom, definendoli persone asociali e indesiderate». Non solo. «In molti casi», dice ancora l’esponente di Amnesty, «le autorità preposte al mantenimento dell’ordine pubblico non impediscono gli attacchi razzisti e non garantiscono che gli autori di tali attacchi siano portati davanti alla giustizia».

Amnesty International è molto preoccupata dalla situazione italiana. Dal quartier generale di Londra hanno puntato i riflettori sul nostro Paese, intensificato le ispezioni e scritto una lettera al sindaco di Roma Ignazio Marino per chiedergli conto delle discriminazioni nella capitale. In particolare, si chiede di chiudere una volta per tutte la stagione dei campi e voltare pagina rispetto alla stagione del sindaco Alemanno. Ma c’è molta apprensione anche per gli episodi di intolleranza. La sezione italiana ricorda gli episodi più gravi degli ultimi anni: l’attacco al campo della Continassa nel quartiere Vallette di Torino, nel dicembre 2011; le minacce e intimidazioni alla comunità rom di Pescara nel maggio 2012, quando a seguito di un omicidio compiuto da un rom gli esponenti della comunità furono costretti a nascondersi per diversi giorni; l’attacco con lanci di pietre contro il campo di Dione Cassio a Milano nell’aprile 2013. L’ultimo episodio è l’assalto violento a un insediamento nel quartiere napoletano di Poggioreale, un mese fa, a seguito del quale cinquecento zingari sono stati costretti a fare le valigie e spostarsi.

Sotto i riflettori, in questo momento, non c’è solo l’Italia. Nel mirino dell’associazione sono finiti in particolare tre Paesi: la Francia, appunto, la Grecia e la Repubblica Ceca. Oltralpe la gran parte dei 20 mila rom residenti vive in insediamenti informali, senza servizi igienici e acqua potabile. Quando arriva la polizia a sgomberare, accadono episodi come quello avvenuto a Marsiglia il 22 novembre 2011, quando furono lanciati lacrimogeni nelle tende dove dormivano i bambini e un rom fu pestato selvaggiamente dai “flic” e finì in ospedale con il femore spezzato. «I rom di Marsiglia hanno il terrore della polizia», ha raccontato un assistente sociale ai ricercatori di Amnesty.

Nell’estate e nell’autunno del 2013, in decine di villaggi della Repubblica Ceca l’estrema destra ha organizzato manifestazioni anti-zingari. Uno di loro, Stefan, ha spiegato: «Molti di loro non si rendono conto che (durante le manifestazioni) i rom devono rimanere chiusi in un unico posto. E’ già successo durante la guerra e penso che oggi non dobbiamo provarlo di nuovo».

Irini, uno dei circa 300 mila rom che vivono in Grecia, ha invece rievocato cosa è accaduto il 4 gennaio 2013 nel comune di Etokilo, quando una settantina di persone hanno assalito un campo rom a colpi di molotov, pietre e travi di legno: «Quando li vidi arrivare, presi i miei figli e ci chiudemmo dentro casa. Loro piangevano, gridavano. Io ero terrorizzata. (Gli aggressori) li conoscevo quasi tutti, eravamo cresciuti insieme. Lanciarono una bottiglia di vetro contro la finestra e la casa prese fuoco», ha detto. Quel giorno vennero incendiate sei case e quattro automobili. Un rom racconta ad Amnesty: «Dall’interno della mia abitazione vedevo due agenti. Stavano lì fermi a osservare, chiedendo alle persone di smetterla. Non hanno fatto nient’altro».