La proposta di cancellare dalla Costituzione italiana la parola «razza» è stata avanzata ufficialmente sei anni fa, con una lettera degli antropologi Olga Rickards e Gianfranco Biondi al presidente della Repubblica e alle altre autorità dello stato. Una lettera che spiegava, molto semplicemente, che le razze umane non esistono. Invece il razzismo certamente esiste, ma non può essere combattuto fondando il divieto di discriminazione su un concetto, quello di razza, falso e abbandonato da decenni dagli scienziati. Questa posizione è stata poi condivisa dall’associazione degli antropologi, da diversi genetisti e biologi. Non dai costituzionalisti, con rare eccezioni – una è quella di Alessandro Morelli, professore ordinario di diritto pubblico a Messina che trovate qui sotto. In parlamento non è mai stata presentata alcuna proposta di legge di revisione costituzionale in questo senso. Le ragioni di questa contrarietà le abbiamo chieste a due ex presidenti della Corte costituzionale.

«Nel dire con chiarezza e forza che non ci possono essere discriminazioni basate sulla razza, la nostra Costituzione nega le discriminazioni sullo pseudo concetto di razza», spiega Gaetano Silvestri, presidente della Corte fino al 2014. Anche se, aggiunge, «sono completamente d’accordo che l’idea di razza sia solo un pregiudizio. Storicamente radicato, ma certamente un pregiudizio e la a scienza ha totalmente falsificato, messo fuori gioco l’idea che esistano le razze umane». Eppure resta la contrarietà di Silvestri a togliere quella «parola maledetta» dall’articolo 3 della Costituzione. «Ho paura – spiega – che la cancellazione possa dare un segnale equivoco. Non vorrei che a qualcuno venisse in mente di sostenere, subito dopo, che allora qualche distinzione è lecita e si può fare».

Giovanni Maria Flick, presidente della Consulta fino al 2009, condivide questa preoccupazione. Anche lui è convinto che «non esistono i presupposti biologici su cui fondare il concetto di “razze umane”». Ma vede il rischio che «l’eliminazione di un concetto storicamente, giuridicamente e tradizionalmente acquisito possa indurre a ritenere consentito il razzismo e le sue manifestazioni». Non solo, Flick teme che la cancellazione possa in qualche modo «mettere in crisi» l’applicazione delle norme che si sono succedute per contrastare il razzismo. Il richiamo alla «razza» per Flick deve essere «letto e compreso nel contesto storico in cui è stata formulata la norma costituzionale», cioè «dopo le aberrazioni della legislazione razzista e della Shoah alla quale l’Italia ha cooperato».

«Abbiamo combattuto per eliminare le discriminazioni basate sulla razza, la Resistenza ha combattuto per questo e in Italia si trattava di discriminazioni compiute direttamente dalle istituzioni», aggiunge Silvestri. «E dunque l’articolo 3 non può che essere interpretato nel senso che non possono essere fatte discriminazioni con il pretesto della razza. E infatti non c’è mai stato il problema, mai nessuno ha potuto pensare che la Costituzione italiana esalti il concetto di razza. Si sta combattendo contro un fantasma». «La razza – dice Flick – non ha fondamento scientifico, ma è un concetto reso terribilmente concreto dalle aberrazioni e dalle atrocità per le quali è servito e serve ancora come pretesto».

Silvestri conclude con un argomento generale: «Sono contrario a cambiare con troppa facilità la Costituzione, soprattutto contrario a che si tocchino i principi fondamentali. Solo sentir parlare di modificare l’articolo 3 già mi spaventa».