«Liberi, sovrani, indipendenti». È il legato storico che Raúl Castro, anche a nome del fratello scomparso Fidel, lascia ai cubani .

ALLA CONCLUSIONE della riunione di fine anno dell’Assemblea nazionale (il parlamento cubano), ha annunciato che abbandonerà la carica di presidente il 19 aprile dell’anno che viene. Con due mesi di ritardo rispetto alla data prevista in precedenza – al VII Congresso del Partito comunista – a causa del ritardo del processo elettorale che rinnoverà tutti i livelli del Poder popular – comunale, provinciale e nazionale – provocato dall’uragano Irma, che all’inizio di settembre ha duramente colpito l’isola.

Nel suo discorso, il presidente ha dato le cifre dei danni provocati dal «più potente ciclone» che abbia investito Cuba: 13 miliardi di dollari, calcolati alla parità peso-dollaro. Un colpo durissimo, che si è aggiunto alla politica aggressiva con rafforzamento dell’embargo voluta dal presidente Usa Trump e alla crisi del principale partner economico e politico, il Venezuela bolivariano.
Nonostante questo Cuba non è in ginocchio: l’anno si conclude con un aumento dell’1,6% del Pil, il processo di riforme economico-sociali continua e per il prossimo anno si prevede una, seppur piccola , crescita. Dunque, ha concluso il presidente, a 60 anni dal trionfo della Rivoluzione guidata da Fidel «resteremo qui liberi, sovrani, indipendenti».

È MOLTO PROBABILE infatti che il nuovo presidente che sarà eletto il prossimo aprile non venga dalla famiglia dei Castro. Solo così verrà dato al paese – e agli Usa- un segnale chiaro che è in corso un cambio generazionale che accompagna l’insieme di riforme del socialismo cubano. Un processo voluto da Raúl e dalla corrente del Pc che viene definita dei «riformatori» ma che ha incontrato e incontra resistenze dei «conservatori».

ASSUMENDO LA PRESIDENZA nel 2008, Raúl aveva messo in moto quella «modernizzazione del modello socialista cubano» che avrebbe dovuto procedere «senza fretta ma senza pause» con l’obiettivo di raggiungere un «socialismo prospero e sostenibile». In sostanza, ridurre la presa dello Stato sulla struttura economica dando una progressiva autonomia imprenditoriale, stimolare la crescita del settore cooperativo – come forma di proprietà non statale ma nemmeno privata- e concedere una relativa apertura all’iniziativa privata (ancora definita «attività per conto proprio»).

SI TRATTAVA DI UN PROCESSO di riforme strettamente sorvegliato dal partito-stato e che aveva l’appoggio di Fidel. Dopo dieci anni il vertice politico-amministrativo ha constatato che il processo di riforme iniziato si è rivelato « più difficile» di quanto previsto e che appunto alla conclusione dei due mandati presidenziali di Raúl devono essere ancora risolti problemi chiave.
Li ha evidenziati Marino Murillo, capo della Commissione che controlla la messa in pratica delle riforme. In primis, «lo sviluppo dell’impresa statale come formula primordiale dell’economia», ovvero far produrre l’elefantesco e inefficiente apparato delle imprese statali che implica anche la questione di favorire gli investimenti esteri. Collegato a questo vi è il problema dell’eliminazione della doppia moneta – il peso con il quale in sostanza viene pagato il lavoro e il peso convertibile (Cuc) necessario per comprare i beni essenziali.

PROPRIO QUESTA ANOMALIA monetaria, secondo Raúl , è la causa della «piramide invertita» esistente nella società cubana «dove a maggiore responsabilità – nel lavoro statale- corrisponde una minore retribuzione» rispetto al lavoro privato e a quello dell’economia illegale. Come ha affermato Murillo, «non si raggiunge un vero ordinamento (socialista) economico e monetario se il lavoro non si converte nella principale fonte di ingresso della popolazione».

QUESTI RITARDI sono stati riconosciuti assicurando la popolazione circa una loro soluzione. Per affrontare tali nodi occorre una leadership forte e che mantenga l’unità del partito-stato. Negli ultimi mesi non sono mancati i segnali di un rallentamento delle riforme e anche nelle proposte avanzate durante i lavori del parlamento è espressa la scelta di un controllo amministrativo dell’economia che si contrapponga a quello del mercato: misure che tendono a rassicurare i «conservatori».

Questa situazione è alla base del ritardo con cui Raúl lascerà la presidenza – ma manterrà la carica di primo segretario del Pc e continuerà a controllare il processo di riforme. Un compito che il «giovane» delfino designato Díaz- Canel, da solo, difficilmente potrebbe svolgere.