Con la scomparsa di Fidel si apre un periodo di transizione che appare saldamente governato dal fratello Raúl e dai militari suoi fidi, maggioritari nel vertice del partito-stato comunista e che controllano anche più dell’80% dell’economia dell’isola e garantiscono la «sicurezza» del paese e del governo, sotto il polso di ferro di Alejandro Castro Espín, colonnello e figlio del capo di stato . Una gestione che sarà accompagnata da figure civili militare- già designate da anni a succedere all’attuale presidente-generale.

Come il primo vicepresidente Miguel Díaz-Canel, o la figlia minore di Raúl, Mariela Castro Espín e José Machado Ventura, primo vicepresidente. Il primo è «speso» da un paio di anni in ogni occasione, sia interna che internazionale, nella quale non sia di rigore richiesta la presenza del presidente.

Diaz- Canel è «giovane», 56 anni, esponente della generazione «di mezzo» dei quaranta-cinquantenni, fisico massiccio, capelli argentei, un volto che ricorda l’attore Richard Gere, che si è fatto le ossa come amministrazione a Santa Clara, la città del Che. Mariela Castro, 54 anni, è senza dubbio il volto liberal del regime.

Sociologa da anni conduce una lotta contro il machismo e autoritarismo nell’isola. Sempre sorridente e disponibile al dialogo, parlamentare dal 2013, ha catturato l’attenzione dei cubani anche per le sue marce a suon di musica, le congas, a favore di omosessuali e transessuali. Per queste sue attività è conosciuta all’estero. Machado Ventura, 84 anni, primo vicepresidente ed esponente dell’ala «ortodossa» del Partito comunista sembrava destinato ad essere messo in ombra da Díaz Canel.

Così non è stato, nell’ultimo anno ha ripreso a presiedere eventi pubblici importanti dimostrando che l’ala dura del Pcc controbilancia il peso dei riformatori. Dietro i personaggi più o meno di facciata vi sono due realtà che ben pochi possono ignorare. Alejandro Castro proietta la sua ombra lunga sul potere. Responsabile dei servizi segreti dell’esercito e del Ministero dell’Interno, dunque della sicurezza del padre e in generale del vertice del partito-stato è diventato anche il consigliere del presidente. Tanto che si pensa abbia rappresentato Cuba nei negoziati segreti con gli Usa che hanno portato alla ripresa di relazioni diplomatiche. Non è considerato una colomba, nel 2009 ha pubblicato «L’impero del terrore», un lungo saggio sull’imperialismo Usa. La sua ombra sul potere e le sue ambizioni politiche sono evidenziate anche dal controllo della Commissione per la lotta alla corruzione.

Chi fa, o vuole fare affari con Cuba, deve vedersela con un altro militare, il generale Luis Alberto Rodríguez López-Callejas, ex genero del Presidente Raúl Castro di cui, una ventina d’anni fa, ha sposato la figlia maggiore, Deborah Castro Espín, laureata in ingegneria chimica con la quale ha avuto due figli e dalla quale ha divorziato l’anno scorso.
55 anni, mandibola quadrata, occhi chiari, mentalità disciplinata e obbediente, cresciuto nel culto del segreto, il generale- manager vive e lavora nella penombra. Non partecipa quasi a cerimonie ufficiali, non compare accanto ai potenti.

Ma Bloomberg Business definisce Rodríguez López-Callejas «uno degli uomini più potenti dell’isola». Infatti ha il controllo il gruppo imprenditoriale delle Forze armate, Gaesa, un conglomerato che comprende almeno 58 compagnie operanti in vari settori, dal turismo alle costruzioni, dalla ristorazione ai servizi, dal commercio alle banche. Un altro generale, Leopoldo Cintra Frías, 75 anni, ministro della Difesa, ha un profilo pubblico basso, ma ha il pieno rispetto del presidente Raúl col quale ha partecipato alla guerriglia anti Batista e che lo considera un «militare puro» affidabile.

Per questo gli ha affidato una sorta di controllo su importanti interessi economici.