«Ci stiamo già preparando a ricevere, il prossimo mese di settembre, papa Francesco con affetto, rispetto e ospitalità». Le parole pronunciate mercoledì dal presidente Raúl Castro alla chiusura dei lavori dell’Assemblea nazionale del Potere popolare (Parlamento cubano) mettono in chiaro l’importanza che il governo e il partito comunista danno alla prossima missione del pontefice. Francesco sarà il terzo papa cattolico a visitare l’isola, dopo Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Ma la sua si annuncia una missione di straordinaria rilevanza.

Non solo Francesco è stato uno dei protagonisti che hanno reso possibile mettere fine a più di cinquant’anni di guerra fredda tra Cuba e Stati uniti (anche se il pontefice ha preferito evitare il termine di «mediazione politica»).

Ma si tratta del primo papa latinoamericano che, nella sua recente missione in Ecuador, Bolivia e Paraguay, ha saputo lanciare un messaggio politico e sociale capace di rendere la Chiesa cattolica più lontana da Roma e più vicina all’America latina, il subcontinente che ospita la più grande comunità cattolica. Tutto il viaggio di Francesco è stato una successione di gesti e denunce contro la povertà e l’ingiustizia sociale. Il suo è stato un messaggio di grande radicalità politica, che stimola, e forse un po’ preoccupa, la sinistra latinoamericana, preoccupata che «il papa si impoessessi del tema della povertà».

Di fronte ai rappresenti delle organizzazioni popolari, a Santa Cruz in Bolivia, assieme al messaggio pastorale, ha saputo lanciare un vero e proprio slogan politico basato su «le tre T»: trabajo, tierra, techo. Ovvero diritto al lavoro, alla terra e alla casa, temi che storicamente hanno animato le lotte popolari e che sono centrali nelle rivendicazioni delle popolazioni indigene in America latina; questioni che la gente sente nella propria carne e che hanno contribuito a una mobilitazione di folle popolari che hanno superato i raduni in occasione delle visite dei due precedenti pontefici. Molti cubani hanno seguito con interesse – attraverso i servizi della rete venezuelana Telesur, ritrasmessa dalla tv statale cubana- il recente «nono viaggio apostolico» di Francesco.

Sia cattolici che membri del partito comunista hanno seguito con grande impatto emotivo sia i gesti sia le denunce del pontefice, che ha censurato «la sociedad del descarte», l’esclusione sociale a suo avviso generata dal capitalismo. «La chiesa cattolica ha le vene aperte in America latina», la regione dove possiede più fedeli – 425 milioni – ma dove sanguina per l’offensiva delle chiese e movimenti protestanti, spesso finanziati dagli Usa. In quarant’anni i protestanti sono passati dal 4 al 19% dei fedeli cristiani. I movimenti pentacostali hanno fatto breccia soprattutto tra le popolazione indigene. Scopo della visita pastorale di Francesco era proprio invertire questo processo. E, secondo vari osservatori, latinoamericani come cubani, la radicalità del discorso del pontefice dovrebbe contribuire a raggiungere questo obiettivo.

La destra non ha risparmiato a Francesco le accuse di «populismo» e persino «di comunismo». All’interno della stessa Chiesa cattolica latinoamericana – storicamente schieratasi con i potenti – non sono mancate le voci preoccupate di fronte alle esortazioni che il papa ha rivolto al clero affinché viva e lotti con i più poveri e gli emarginati. «Vi darò la benedizione senza chiedere di essere pagato», ha gridato il papa in un meeting popolare in Paragauay, con un’aperta critica al clero che «fa del Tempio un negozio», allontanadosi dal messaggio di Cristo.

Francesco non ha mai simpatizzato con i teologi della liberazione- condannati come «comunisti» da papa Wojtyla – ma secondo alcuni osservatori, in questa occasione si è comportato «come uno di loro».

Ed è appunto tenendo conto di questa situazione che, in un suo recente discorso, il presidente Raúl ha dichiarato: «Io leggo tutti i discorsi del papa (Francesco) e i suoi commenti e se continua a operare in questo modo tornerò a pregare e ad andare a Messa. E non lo dico per scherzo». E per il segretario del partito comunista cubano non è poco.