«Rastrellamenti», «espulsioni collettive illegali», «provvedimento su base etnica»: gli avvocati e le associazioni dei diritti umani italiane alzano la voce contro il telegramma datato 26 gennaio e inviato dal Viminale alle questure di Roma, Torino, Brindisi e Caltanissetta – tutte città dove ancora esistono i vecchi Cie, i centri di identificazione ed esplusione della legge Bossi-Fini – per rintracciare 95 nigeriani «irregolari». Il tempo stringe per il ministero dell’Interno, entro il 18 febbraio i 95 posti prenotati dall’Italia sul volo charter di Frontex devono essere coperti, per dare seguito all’accordo bilaterale sui rimpatri firmato con la Nigeria.

IL TELEGRAMMA parla esplicitamente dei posti riservati: 50 donne e 45 uomini e prescrive agli agenti di «effettuare mirati servizi finalizzati al rintraccio dei cittadini nigeriani in posizione illegale sul territorio nazionale». Un «pugno nello stomaco» per l’avvocato palermitano Giorgio Bisagna dell’associazione Adduma, che prefigura una «evidente discriminazione», per il quale «al di là di ogni giustificazione di prassi operativa non possono venir meno i principi fondamentali dello Stato di diritto».

L’ASILO è da valutare caso per caso e non solo non è possibile rifiutare lo status di rifugiato a chi fugge dalle zone della Nigeria dove infuria il conflitto con i terribili jihadisti di Boko Haram, né tantomeno alle donne vittime di tratta e costrette a prostituirsi con ricatti, minacce e riti voodoo. Il tribunale di Venezia lo scorso 11 gennaio ha a accolto il ricorso di un richiedente asilo nigeriano dello Stato di Kano, considerando anche quest’area della Nigeria interessata da violenze generalizzate e conflitto armato, come fa sapere l’associazione Meltingpot. Protestano i giuristi di Asgi, l’ong Lunaria mentre il report Greta denuncia come l’Italia violi la Convenzione anti-tratta che pure ha ratificato.

LE DONNE della cooperativa BeFree che assistono le immigrate trattenute nell’unico Cie femminile esistente in Italia, quello di Ponte Galeria a Roma, finora non hanno riscontrato afflussi anomali di nigeriane, frutto di retate ad hoc per riempire il charter del 18 febbraio. In ogni caso è da lì che dovrebbero passare se non in possesso di passaporto, per essere identificate dai funzionari dell’ambasciata nigeriana a Roma. Ma stanno vigilando e controllando le voci di una retata fatta nei giorni scorsi a Brindisi. Francesca, di BeFree, prevede che per oliare la macchina dei nuovi «respingimenti facili» voluta dal nuovo ministro dell’Interno Marco Minniti ci vorrà ancora un po’ di tempo.

ALLA CAMERA IERI il sottosegretario Mario Giro, rispondendo a una interrogazione del deputato di Sinistra italiana Giulio Marcon, ha confermato che il governo utilizzerà gran parte dei 200 milioni del Fondo per l’Africa non per la cooperazione e la solidarietà ma per respingere i profughi e sostenere le forze di sicurezza e di polizia dei paesi africani con cui esistono accordi bilaterali. Invece di progetti di solidarietà si finanzierà principalmente i respingimenti. «Una cosa gravissima», denuncia Marcon.