Lo si aspettava a Ravenna Festival dal 6 al 14 novembre con il debutto mondiale di Metànoia, la creazione dedicata alla Divina Commedia di Dante commissionatagli da Cristina Muti, spostata, causa Covid, dall’1 al 5 settembre 2021. Ma anche doveva arrivare tra maggio e giugno scorsi al Regio di Parma e agli Arcimboldi di Milano con il focoso Rasputin, slittato agli Arcimboldi il 14 e il 15 giugno 2021. L’artista in questione è Sergei Polunin, 31 anni a fine novembre, un unicum nella danza per fuoco interpretativo e potenzialità tecniche, personaggio che ha scatenato nel tempo vere e proprie bufere mediatiche, oggi sempre più concentrato sui progetti messi a punto con la Fondazione Polunin INK

IN OCCASIONE del World Ballet Day, che l’altro ieri ha visto online appuntamenti di ogni tipo con compagnie come il Royal Ballet di Londra, il Balletto della Scala, l’Opera di Parigi, il Bolshoi, l’American Ballet Theatre, il Ballet Nacional de Cuba, Polunin ha reso disponibile per 48 ore sui suoi account FB e YouTube la versione integrale di Rasputin, «un regalo speciale per questa festa del balletto», scrive, nelle riprese del debutto londinese del 2019. Rasputin è un dance-drama, non a caso la sua coreografa e drammaturga Yuka Oishi si è formata con un maestro del genere, l’americano John Neumeier. Spiega l’autrice: «Tendiamo a cercare e additare il cattivo. Ma non possiamo svelare o esprimere noi stessi solo in bianco o nero, le cose non sono così semplici. C’è una linea sottile tra il Bene e il Male e questa linea è mobile. C’è una grande ombra dove c’è molta luce».

GIOIA E DOLORE, grandezza e caduta sono temi che Polunin conosce bene. Basta ripercorrere la sua storia tormentata e grandiosa nel film Dancer di Steven Kantor o seguirlo sui social nella solarità degli ultimi tempi con la compagna, la pattinatrice Elena Ilinykh, e il loro bambino. Grigori Rasputin, diabolico guaritore il cui destino si intrecciò profondamente alla fine dei Romanov, entra nell’anima e nel corpo di Polunin con veemenza e luminosità. Yuka Oishi centra nel mettere a fuoco le contraddizioni di Rasputin, firmando uno spettacolo simbolico eppure narrativo che ha come protagonisti pochi, ma esemplari personaggi. Sono la zarina Alexandra (Elena Ilinykh), lo zar Nicola II (Alexey Lyubimov), il loro figlio (il talentuoso giovane Djordje Kalenic), l’ambiguo Principe Feliks Jusupov (interpretazione magistrale di Johan Kobborg). Un gioco di potere e seduzione, paura e sfida della morte, coreografato su una gigantesca scacchiera in bianco e nero (scene di Otto Bubenínek), partitura espressiva di Kirill Richter.
Polunin si trasforma nei tanti volti di Rasputin attraverso la sua danza: armonica quando cura il giovane figlio degli zar affetto di emofilia, vorace nell’incontro con Jusupov, seduttiva con la zarina Alexandra, ma anche in lotta con se stesso, come nel primo assolo, in bianco. Una danza di impulsi interiori ingovernabili che mani e muscoli provano a sedare, una danza di salti a fulminante sbalzo e avvitamenti a spirale nella discesa avvelenata agli inferi.

UN ASSAGGIO che è un invito a vedere Rasputin a teatro. Perché il digitale, nessuno mai lo scordi, se dà ossigeno culturale in questi giorni drammatici, non è sostituzione allo spettacolo dal vivo. Ci consola, ma non toglie il desiderio del luogo reale condiviso, anzi mette in luce la battaglia verso il ritorno alla presenza. Questo lo spirito con cui drizzare le antenne verso la danza in digitale: tra gli appuntamenti di oggi, da non perdere, alle 20, sugli account FB, Instagram e YouTube della compagnia Rosas, Drumming di Anne Teresa De Keersmaeker: cult minimalista del 1998 sull’omonima musica di Steve Reich.