La Cgil deve mettere al voto l’accordo sulla rappresentanza firmato da Susanna Camusso il 10 gennaio scorso: e lo deve fare in modo chiaro, vincolante, certificato, con commissioni ad hoc. In un momento diverso dal Congresso – possibilmente sospendendolo per un breve tratto – e organizzando assemblee informative, dove si possa discutere liberamente e approfondire. La richiesta viene da un gruppo di delegati che si danno appuntamento domani a Bologna (ore 10, Palanord, via Stalingrado 83): principalmente della Fiom, ma hanno già aderito lavoratori di tutte le categorie, pensionati inclusi.

L’unico segretario generale che ha assicurato il suo sostegno è (ovviamente) quello della Fiom, Maurizio Landini. Ma già da ieri sono partiti via cellulare gli inviti ai segretari di tutte le categorie: «Susanna Camusso inclusa: la inviteremo telefonando alla sua segreteria, e speriamo davvero che sia con noi a discutere», dice Ciro D’Alessio, delegato Fiom in cassa integrazione alla Fiat di Pomigliano, presentando l’iniziativa.

Va ricordato che Camusso, sabato scorso, ha aperto alla possibilità di effettuare una consultazione – «e questo è già un passo avanti, se non una piccola vittoria della nostra mobilitazione», dicono i delegati – ma non sono ancora per nulla chiare la data, le modalità, la platea di interessati al voto. «Idealmente – dice Antonio Maiorano, della Fisac – dovrebbero pronunciarsi solo i lavoratori interessati, ovvero quelli di aziende aderenti a Confindustria. Poi pare che quell’intesa vogliano già estenderla agli altri settori, quindi vedremo. E dico di più, sarebbe ottimo se potessero votare anche gli iscritti alle altre sigle, o a nessuna».

Le critiche all’accordo sono già abbastanza note: «Le sanzioni sono l’atto di morte del sindacato – spiega Simona Bigalli, della Fiom – Chi se la sentirà più di fare il delegato quando il semplice dissenso verrà punito con una sanzione economica? Inoltre si crea una distanza tra le Rsu e le segreterie territoriali. Senza contare il conflitto che si apre tra le categorie e la confederazione con l’arbitrato». No ai contenuti, dunque, ma no anche al metodo: «Non ci è piaciuto il modo in cui Camusso ha messo il Direttivo davanti a un voto di fiducia sulla sua persona, senza poter discutere nel merito: noi chiediamo prima di tutto che dentro la Cgil si torni a discutere, a informarsi, a pensare».

Il voto, come si è detto, va tenuto distinto dal Congresso: anche se ovviamente è impossibile di fatto separare i due ambiti. E gli stessi delegati ammettono che il conflitto sull’accordo ha lacerato l’unità del primo documento, quello che terrebbe insieme (in una compattezza di facciata, che fin dall’inizio è sembrata un po’ posticcia) Camusso e tutti i segretari di categoria, Landini incluso. Con il solo Cremaschi e il suo ristretto gruppo di accoliti a firmare il documento di opposizione.

C’è imbarazzo di questi delegati a stare nella stessa mozione congressuale di Camusso, visto che oggi si sentono in qualche modo «traditi» dalla segretaria? «Io confesso che al momento non mi sento rappresentato – dice il delegato Fisac – Poi è vero che il documento 2 in alcune assemblee sta guadagnando consensi proprio grazie a questo scontro; ed è vero che piovono consensi, non solo da tutti gli attivi ma anche dai pensionati, al quinto emendamento della Fiom, quello sulla rappresentanza. Ma per il resto stiamo cercando di tenere distinti i due ambiti».

Per ora i lavoratori escludono di rivolgersi ai giudici, citando eventuali estremi di incostituzionalità, che pure secondo la consulta della Fiom ci sarebbero. Tutto questo nonostante i sindacati di base abbiano già intrapreso questa via: «Sappiamo che in alcune aziende già si chiede l’applicazione dell’accordo, e che le altre sigle si muovono autonomamente per tutelarsi – concludono – Noi diamo priorità al dibattito che vogliamo aprire dentro la Cgil».