Nessun paese garantisce ancora a pieno la possibilità di scegliere quanti figli avere e quando averli. Questo è il dato sconcertante che emerge dal rapporto Swop (State of World Population) del 2018. «Il potere della scelta – Diritti Riproduttivi e transizione demografica» è stato presentato ieri a Roma in collaborazione con Aidos e contemporaneamente in altre 99 città del mondo. «La scelta può cambiare il mondo» a dirlo è la direttrice esecutiva dell’Unfpa Natalia Kanem nella nota di accompagnamento al report «può migliorare rapidamente il benessere di donne e ragazze, trasformare le famiglie e accelerare lo sviluppo globale». Negli ultimi cinquant’anni il tasso di fertilità è diminuito ovunque nel mondo e si attesta oggi sui 2,5 figli per donna. Ancora oggi i tassi di fertilità divergono notevolmente non solo attraverso le aree geografiche ma anche trasversalmente all’interno delle stesse compagini sociali, condizionati dal grado di istruzione, dalla classe sociale o dall’urbanizzazione.

Milioni di donne non sono oggi libere di scegliere il proprio destino riproduttivo perchè fanno più figli di quelli che vorrebbero, o perchè ne fanno meno. I paesi con un tasso di fertilità molto alto, una media di oltre i 5 figli per donna, sono concentrati prevalentemente nell’Africa Sub-sahariana. Diverso è il caso dell’India e dell’America Latina dove la natalità media è di circa 3.5 figli per donna, ma le variabili del reddito, grado di istruzione e vicinanza ai centri urbani segnano in maniera inesorabile la composizione delle famiglie.

L’Italia si colloca tra i paesi a fertilità più bassa, con una fecondità media di 1,5 figli a donna, ed esprime l’estremo opposto della mancata tutela dei diritti riproduttivi, andando incontro a problemi legati all’invecchiamento della popolazione come l’esaurimento delle risorse contributive e le carenze di forza lavoro. In molti paesi economicamente sviluppati se da un lato le donne possono accedere agevolemente ai metodi contraccetivi e decidere di posticipare l’attività riproduttiva per perseguire una realizzazione professionale, dall’altro il loro desiderio di maternità è spesso ostacolato da altri fattori. L’assenza di garanzie sul lavoro, la carenza di servizi per l’infanzia, o l’iniqua distribuzione degli oneri genitoriali tra i generi, rappresentano barriere considerevoli all’esercizio dei diritti riproduttivi. Per esempio in Giappone, paese con un tasso di fecondità tra i più bassi (1,46 figli per donna), è stato stimato che nelle coppie sposate le donne dedicano all’attività domestica in media 27.4 ore a settimana di fronte alle 3.4 degli uomini. Elementi come questi minano la libertà di scelta delle donne, soprattutto in assenza di adeguate politiche sociali e culturali di empowerment.

I diritti riproduttivi sono lo specchio di una società, interconnessi come sono a tutte le dimensioni che compongono la libertà individuale: istruzione, reddito, sanità, cultura, ambiente, lavoro. Il rapporto Unfpa è la fotografia globale ed eterogenea dei problemi e delle sfide future. Al centro di tutte le soluzioni possibili tuttavia c’è la promozione della parità di genere. I dati del rapporto indicano che il 33% dei governi dei paesi a bassa fertlità sono impegnati in politiche di incentivo alla maternità.