Le mani della ‘ndrangheta sono da un pezzo sulla Valle d’Aosta. Ora, però, la situazione si fa davvero seria. La Dda di Torino è convinta che «il sodalizio mafioso di matrice ‘ndranghetista capeggiato dai fratelli Di Donato sia riuscito a influenzare le Regionali 2018, condizionando le scelte di una parte degli elettori al fine di soddisfare gli interessi o le esigenze del sodalizio».
L’inchiesta, denominata Egomnia (per indicare «quelli che vogliono controllare tutto e tutti»), ha travolto il vertice della Regione. Il presidente Antonio Fosson è indagato per voto di scambio. Già senatore dell’Union Valdôtaine (uscito nel 2016 per fondare Pour Notre Vallée) ed esponente locale di Comunione e Liberazione, Fosson è stato fotografato mentre entrava nel ristorante di un boss «per parlare di elezioni regionali». Secondo gli inquirenti, il governatore era condizionato da un pensionato di origini calabresi, Giuseppe Petullà, vicino alla «locale» di Aosta che «gli dettava la linea politica».

Ieri, il presidente si è dimesso in una riunione straordinaria della maggioranza autonomista nel Palazzo della Regione. Ha sottolineato con forza la sua «totale estraneità» ai fatti attribuitigli. Lasciano l’incarico anche gli assessori Laurent Viérin (turismo, agricoltura e beni culturali, esponente di Alliance Valdôtaine) e Stefano Borrello (Stella Alpina), mentre il consigliere Luca Bianchi (Union Valdôtaine) si è dimesso da presidente di commissione. Tutti e tre hanno ricevuto un avviso di garanzia, sempre per voto di scambio.

Coordinata dal pm Valerio Longi, l’inchiesta Egomnia è stata condotta dai carabinieri che hanno «monitorato» le ultime regionali, in particolare i contatti tra alcuni candidati e gli esponenti della «locale» ‘ndranghetista che voleva «godere di un debito di riconoscenza» nei confronti di eletti fedeli. Viérin, quando era ancora presidente della Regione (con funzioni prefettizie), avrebbe incontrato il boss Roberto Di Donato ad Aymavilles a fini elettorali. Nelle 800 pagine dell’annotazione all’indagine si riporta che «tre Presidenti o ex Presidenti della Regione», nel corso della campagna elettorale, «si incontrano o cercano di incontrare» i fratelli Di Donato. Oltre a Viérin, si tratta di Pierluigi Marquis e Augusto Rollandin, il politico più potente della Valle d’Aosta, a lungo governatore, soprannominato «L’empereur».

«Il sostegno della “locale” non è stato a titolo gratuito» ma era «finalizzato ad ottenere posti di lavoro, ovvero agevolazioni in pratiche amministrative sia per gli affiliati che per i soggetti vicini al sodalizio». I carabinieri parlano di «un connubio politico-criminale ben radicato nel tessuto sociale».

Lo scandalo è rimbalzato fino a Roma. «Dobbiamo sempre tenere la guardia alta – ha dichiarato il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese – e avere attenzione massima. Si sta lavorando tanto con la magistratura e le forze dell’ordine».
Da tempo la Valle d’Aosta vive una situazione di instabilità politica – quasi un anno fa fu arrestato un consigliere regionale, Marco Sorbara dell’Union Valdôtaine, in un’operazione anti ‘ndrangheta –, l’ultimo terremoto giudiziario sta facendo vacillare la maggioranza autonomista, proprio alla vigilia del voto sul bilancio. Gli incontri con le opposizioni si annunciano tesi.

Lunedì, è convocato il Consiglio regionale in cui saranno formalizzate le dimissioni dei tre esponenti. L’interim della Presidenza, così come quello dei due assessorati lasciati vacanti, passerà al Vicepresidente della Regione Renzo Testolin (Union Valdôtaine), non indagato in Egomnia, ma comunque indicato nell’annotazione della Dda come uno dei beneficiari dell’apporto elettorale della «Locale».

All’opposizione, la Lega invoca elezioni (Salvini venerdì prossimo sarà ad Aosta), i Cinque Stelle chiedono le dimissioni di tutti i consiglieri coinvolti nelle indagini e invitano a rivedere lo statuto regionale per risolvere l’anomala commistione tra ruolo di prefetto e presidente: «Controllato e controllore si fondono nella stessa persona». Anche il Pd è per il ritorno alle urne.