Dmytro Bulatov ha ridato notizie di sé giovedì notte, dopo otto giorni di silenzio assoluto. È stato rapito, sfregiato in viso e sul corpo, persino crocifisso, da gente mai vista prima che parlava con accento russo. Gli hanno anche tagliato una parte di orecchio. Poi l’hanno lasciato alle porte di Kiev, in mezzo al nulla e al freddo. S’è messo a camminare fino al villaggio più vicino; ha chiamato alcune delle persone con cui, in questi due mesi abbondanti, ha condiviso la battaglia contro Viktor Yanukovich. Lo hanno preso e l’hanno riportato a Kiev. Adesso l’uomo, 35 anni, è ricoverato. Questa descritta finora è la sua versione della storia.

Bulatov è un personaggio importante del fronte che si oppone al presidente ucraino. È il portavoce di Automaidan, la versione a quattro ruote di Euromaidan, il nome con cui i dimostranti hanno chiamato il loro movimento già dalle primissima manifestazione, il 21 novembre scorso. Scattò dopo il no del governo agli Accordi di associazione e sul libero scambio con l’Europa. Di Automaidan, hanno riferito le cronache in queste settimane, fanno parte esponenti della classe media. Non troppo ricchi, ma neanche troppo poveri da non permettersi di avere delle auto. Quello auto con cui improvvisano cortei su asfalto, oppure bloccano strade e incroci. La loro presenza è diventata una costante della protesta, se così ancora si può definire, vista l’aria tesissima che tira nel paese.

La notizia che, più di tutte, ieri ha lasciato stupita parecchia gente è stata l’arrivo della polizia nell’ospedale dove il membro di Automaidan è ricoverato. I suoi compagni hanno denunciato il tentativo di arrestarlo. Le autorità hanno precisato che si trattava solo di ascoltare il racconto dell’uomo, in ogni caso ricercato a causa delle sue attività in Euromaidan, aggiungendo tuttavia che tra le varie tracce su cui già lavorano gli inquirenti c‘è quella relativa all’ipotesi che il caso sia stato montato in modo da provocare una reazione negativa presso l’opinione pubblica. Lo riporta il sito del Kyiv Post. La vicenda rivela che nessuno, a Kiev, si fida di nessuno. Che si gioca a tenere alta l’asticella della pressione, così da guadagnarci in termini negoziali, visto che da qualche giorno si sta trattando su una possibile soluzione condivisa a questa crisi. A questo proposito Euromaidan sostiene che le persone uccise dalle forze di sicurezza negli scontri possono essere più di dieci, mentre il governo fa sapere che dall’esame dei file sequestrati a inizio dicembre negli uffici del partito della Tymoshenko risulta che la protesta è stata tutto salvo che spontanea.

Lo scenario, al di là di queste accuse reciproche, dice che la partita si deciderà nei prossimi quindici giorni. Tanti ne hanno a disposizione i dimostranti per smantellare le barricate a Kiev e porre fine alle occupazioni di edifici pubblici nella capitale e in provincia. Se lo faranno possono beneficiare dell’amnistia appena firmata da Yanukovich e – c’è da credere – avviare trattative serie su altri punti cruciali come la riforma della costituzione (con più poteri al parlamento) e forse le elezioni presidenziali anticipate. Se invece non lo facessero Yanukovich potrebbe sentirsi autorizzato alla soluzione di forza, anche se i precedenti lo sconsiglierebbero. Ad ogni modo intende tenere la carta in mano e mettere qualche brivido agli avversari. Ieri i vertici dell’esercito, che sulla crisi in corso finora hanno mantenuto un certo distacco, hanno definito «inaccettabili» le occupazioni dei palazzi pubblici, prevedendo che se le tensioni non dovessero attutirsi «sarebbe a rischio l’integrità del paese».

Ultima notizia: s’è aperta a Monaco di Baviera la tradizionale conferenza annuale sulla sicurezza. Il segretario di stato americano John Kerry dovrebbe incontrarsi con Vitali Klitschko e Arseniy Yatseniuk, i due più noti capi dell’opposizione ucraina. Sono stati invitati alla kermesse.