Due edili calabresi, Francesco Scalise e Luciano Gallo, sono stati rapiti in Libia. Secondo il racconto dell’autista, un gruppo di uomini armati e mascherati li ha obbligati a scendere dal furgone con cui si stavano recando al lavoro, impiegati dalla General World di Crotone nella costruzione di una strada. Il rapimento è avvenuto nei pressi del villaggio di Martouba, tra Derna e Tobruk: «Una zona ad alto rischio», ha dichiarato il console italiano a Bengasi Federico Ciattaglia.
Derna è la seconda città più importante della Cirenaica, ormai intreccio incontrollabile di milizie armate e malavita. Fonti ben informate del settore, sconsigliano alle aziende e agli investitori italiani di recarsi in Libia, giacché quel che resta delle autorità locali non è in grado di garantire sicurezza. E solo da una decina di giorni è ripresa l’agibilità di Melittah, uno dei più grandi centri di sfruttamento del gas in cui è presente l’Eni, bloccato a lungo da manifestazioni berbere.

Una situazione ben nota al governo italiano. Perché allora i due operai sono stati inviati al lavoro in una zona così pericolosa? E dire che, come ha spiegato sulle nostre pagine Antonio Mazzeo, il governo Letta spende svariati milioni di euro per la Missione italiana in Libia («mentre nei primi nove mesi del 2013, “Cyrene” è costata 7,5 milioni di euro, nel trimestre ottobre-dicembre la missione Mil ha divorato oltre 5 milioni»). Altri soldi vengono sprecati per addestrare militari libici in Italia (a Cassino) principalmente «in funzione di vigilanza e contrasto dei flussi migratori»…

Dopo l’uccisione di Muammar Gheddafi, il 20 ottobre del 2011, tutta la Libia è peraltro in via di crescente «somalizzazione»: il regno del caos e non quello della democrazia è stato importato dall’esterno, ha riattivato tensioni secolari e nuovi focolai. Aggressioni, sequestri, bombe alle ambasciate e uccisioni di ministri mostrano come neanche la presa diretta della Cia riesce a riportare la calma a Bengasi, centro di smistamento di miliziani in Siria. L’entusiastico omaggio del presidente Usa Barack Obama alle sue agenzie per la sicurezza ha ignorato il fallimento dell’intelligence nell’attacco al consolato Usa di Bengasi, l’11 settembre 2012, in cui persero la vita l’ambasciatore Christopher Stevens, due marines e un funzionario.

Dopo la presa di Tripoli, la Cirenaica (dove si trovano i maggiori giacimenti petroliferi) ha proclamato l’autonomia (non riconosciuta dal Consiglio nazionale di transizione), e ha rilanciato a giugno del 2013. Dietro la spinta «federalista» sono tornate in forza le monarchie libiche cacciate dalla rivoluzione del 1969 e con loro le confraternite islamiche e le milizie, che stanno riportando indietro l’orologio della storia.