Quattro mesi dopo le elezioni, e ventotto giorni dopo lo scandalo del governo “fascio-liberale”, Bodo Ramelow diventa ufficialmente governatore della Turingia.

L’ex primo ministro della Linke è stato eletto ieri al Parlamento di Erfurt al terzo scrutinio con i soli voti dei deputati di Sinistra, Verdi e Spd. Sconfitto e di nuovo isolato il fascio-populista Bjorn Höcke, candidato-governatore di Alternative für Deutschland, ritiratosi dopo la seconda chiamata.

La Cdu invece si è astenuta, come previsto dall’accordo con la coalizione rosso-rosso-verde: in cambio ottiene le elezioni anticipate fissate al 25 aprile 2021. Mentre i liberali, tra i principali responsabili della crisi istituzionale, non hanno partecipato a nessuno dei tre turni di votazione.

Tutto dentro al Landtag assediato da cento manifestanti «contro Afd», opportunamente protetto dalla polizia e disinfettato, anche se il deputato Cdu in quarantena fino all’altroieri è risultato negativo al test sul Coronavirus.

Si chiude così la parentesi politica definita «imperdonabile» dalla cancelliera Angela Merkel, costata la “testa” alla segretaria Cdu, Annegret Kramp-Karrenbauer, nonché la purga dei dirigenti democristiani della Turingia.

E si ripristina, in parallelo, il tabù della collaborazione con Afd dei partiti costituzionali. A riguardo, il primo a dare l’esempio ieri è stato Ramelow che da premier si è rifiutato di stringere la mano a Höcke. Sull’onda del rifiuto del 5 febbraio della capogruppo Linke, Susanne Hennig-Weslow, che aveva lanciato il mazzo di fiori ai piedi del “governatore-per-un-giorno” Thomas Kemmerlich.

Da ieri Afd torna al totale isolamento nel Parlamento di Erfurt. Grazie ai 42 voti conquistati dal presidente “comunista” nella votazione dove era richiesta la maggioranza semplice, contro i 22 raccolti dall’ultradestra. Mentre va’ in frantumi, nonostante la propaganda, il veto della Cdu sull’estrema sinistra: la sua astensione è risultata fondamentale per eleggere al secondo mandato Ramelow, che ha già governato la Turingia dal 2014 al 2019.

Non è il “comitato di liberazione” da Afd, ma l’inizio di un fronte politico che a sentire il neo-governatore non esclude a priori nemmeno i liberali.

«In questa situazione tutti devono cercare aperture. Sono disposto a rivolgermi anche a Fdp, se deciderà di partecipare allo sviluppo dei provvedimenti dell’esecutivo» è l’offerta di Ramelow di ieri alle 17.

«Dopo il disastro di un mese fa, il via libera al governo rosso-rosso-verde è un bene per la stabilità della Turingia» riassumono a Berlino i co-segretari nazionali dei Verdi, Annalena Baerbock e Robert Habeck, lasciando alla vicepresidente del Bundestag, Claudia Roth, la lavata di capo ai liberali per essersi «sottratti a un voto così importante facendo il gioco di chi disprezza la democrazia».

Anche perché il premier Linke ce l’ha messa davvero tutta per accordare il più possibile la sua rielezione. Nel suo discorso di insediamento ha ricordato il «sistema totalitario» della Ddr, con gran scorno di Afd che continua a bollarlo come «il funzionario della Sed» (il partito unico della Germania Est).

Eppure i nostalgici con il ritratto di Honecker da queste parti sono un’autentica rarità; casomai a essere rimasto radicato è l’antifiscismo che a Erfurt resta militante a qualunque età. Ieri le più agguerrite contro l’Alternative erano le Omas gegen rechts (Nonne contro la Destra) con cartelli, fischietti, e la memoria fresca quanto basta a ricordare come si traducono le idee negazioniste dell’Olocausto, islamofobiche, filo-naziste del deputato Bjorn Höcke.