Troppo tempo con lo stomaco vuoto, non va bene. Per dirimere l’annosa questione il mondo musulmano prima o poi dovrà organizzare una conferenza mondiale con imam, psicologi, medici e astronomi. Nel frattempo anche questa volta, a due giorni dall’inizio del digiuno previsto per il mese di Ramadan, centinaia di milioni di musulmani di tutto il mondo sono al centro di una controversia che coinvolge non solo chi si prepara ad adempiere al quarto pilastro dell’Islam ma anche chi gioca a calcio o si trastulla con i social network, due ambiti meno sofisticati.

A partire da sabato i musulmani si asterranno dal consumare cibi e bevande dall’alba al tramonto (o almeno dovrebbero), ma c’è un problema: non in tutte le latitudini questo intervallo di tempo comporta lo stesso sacrificio. In Brasile, per esempio, dove si stanno giocando i mondiali, un buon musulmano resterà senza cibo da 10 a 12 ore, mentre i musulmani che vivono in Inghilterra digiuneranno per 19 ore di fila (addirittura 21 chi risiede nei paesi scandinavi).

La diatriba si ripropone ogni anno suscitando un dibattito tra gli ulema che si dividono tra possibilisti e duri e puri. A Londra, la segreteria generale del Consiglio europeo per l’Ifta (l’autorità islamica preposta ad emettere pareri giuridici) ha proposto di accorciare i tempi del digiuno laddove ai fedeli non resta altro tempo per soddisfare bisogni primari, e per questo ha formato una commissione per stabilire con quale criterio è possibile mettere fine al digiuno prima del tramonto. “Se il tempo che separa la fine del digiuno dall’inizio di quello successivo non è sufficiente a pregare, mangiare e riposare, allora bisogna trovare una soluzione”, ha detto il segretario Husayn Halawa.

Ipotesi che però non viene presa nemmeno in considerazione dall’imam della moschea di Londra, Shukri Majouli: “La sharia è chiara nel definire l’alba e il tramonto e quindi bisogna digiunare il tempo previsto”. Quindi, niente deroghe per i musulmani che vivono in Europa. C’è poi un’altra questione che resta insoluta: la fine del Ramadan, che può variare di un giorno da paese a paese, visto che si basa sulla visone della luna nuova. In attesa che gli “esperti” si pronuncino definitivamente, molti musulmani che risiedono in Europa si arrangiano trascorrendo il mese del Ramadan nei rispettivi paesi d’origine. Vicini alle famiglie, dove le giornate sono più corte.

Ci sono poi dei privilegiati, come i giocatori della nazionale algerina che si trovano in Brasile. Sono stati dispensati dal digiuno rituale su iniziativa del supremo consiglio islamico. Ma la deroga è destinata ad alimentare nuove polemiche qualora l’Algeria oggi dovesse battere la Russia qualificandosi agli ottavi di finale (sono in pieno Ramadan). Secondo Muhammad Mukarkab, membro dell’Associazione degli ulema algerini, “non è lecito saltare il digiuno”. Punto. Le Volpi del Deserto, ha spiegato, “sono in trasferta per giocare a calcio e non per curare una malattia, o per il jihad, o per motivi di studio”, e poi “Dio sta con chi digiuna”. Più moderata la posizione del segretario generale del Coordinamento degli imam in Algeria secondo cui la Fifa dovrebbe programmare le prossime partite dell’Algeria di notte; altri religiosi invece hanno consigliato il digiuno, ma fino a un certo punto, “se fosse dannoso per i giocatori nulla impedisce loro di saltarlo”. L’onnipotenza del calcio.

Infine, per non farsi mancare altre privazioni sostanziali, ci sono fedeli musulmani che in questi giorni stanno predicando il digiuno digitale. La questione, di cui non si trova traccia nelle sacre scritture dell’Islam, è la seguente: non sarebbe spiritualmente più sensato astenersi anche dall’utilizzo dei social network durante il Ramadan?