Perdono tutti, tranne i popolari. Il titolo di eldiario.es riassume efficacemente i risultati di un’incredibile notte elettorale che ha gettato alle ortiche settimane di previsioni. La differenza fra le previsioni e i risultati brucia tantissimo, soprattutto dalle parti di Unidos Podemos.

Il Pp esce ringalluzzito da quella che doveva essere una batosta elettorale. E stavolta Mariano Rajoy promette di provarci. Dopo le elezioni di dicembre il presidente si era rifiutato – con uno sgarbo istituzionale per cui sembra il re non l’abbia mai perdonato – di provare a formare un governo perché aveva tutti contro. Ma oggi il Pp con Ciudadanos sfiorerebbe la soglia della maggioranza assoluta: assieme hanno già 169 seggi.

Se convincono i 5 nazionalisti baschi del Pnv – con cui però Ciudadanos potrebbe avere qualche problema – e un paio di altri deputati (si parla già di Coalición Canaria e di un indipendente vicino al Psoe nel gruppo misto), la fatidica soglia di 176 sarebbe a portata di mano. Per ora Rajoy dice di voler la grande coalizione con il Psoe, volutamente ignorando il sempre più debole Rivera, di Ciudadanos.

Il quale a sua volta ha fatto sapere che «non ci sarà bisogno di appoggiare il Pp» perché per questo c’è già il Psoe. «Dalla mia bocca non è mai uscita la parola ‘veto’» per Rajoy, ha detto, ma non appoggeranno la sua continuità, puntando sulla grande coalizione a tre.

Il Psoe continua a essere un mistero. Ufficialmente non appoggerà il Pp – lo ha ribadito il braccio destro di Sánchez, Antonio Hernández – ma non è chiaro se magari senza Rajoy ci ripenserebbero, come sembra volere la potente presidente andalusa Susana Díaz, che ha detto chiaro e tondo che gli elettori hanno voluto il Psoe all’opposizione. Dalla Catalogna – dove il Psoe non è che sia andato bene ma un tempo erano importanti – arrivano invece segnali chiari di non voler appoggiare in nessun modo il Pp.

In una cosa i socialisti di tutte le latitudini sembrano essere tutti d’accordo: è tutta colpa di Pablo Iglesias se oggi la Spagna non ha un governo socialista. Questo mantra lo hanno ripetuto in tutta la campagna, senza dire che sono stati i socialisti a volere il patto con Ciudadanos prima che con la sinistra.

Il partito più frastornato dal voto è Podemos, che però ha ribadito che un governo con Ciudadanos del Psoe continuerebbe a non votarlo, come ha spiegato il numero tre Pablo Echenique in una conferenza stampa. Il fondatore di Podemos Juan Carlos Monedero è andato giù duro dicendo che la campagna di UP era «sbagliata», perché puntava troppo sul marketing dei sorrisi e poco sul contenuto.

Per il momento il partito serra le fila. Anche il segretario di Iu Garzón, che aveva puntato tutto sulla confluenza con Podemos, ha parlato di tempi lunghi per la consolidazione dell’alleanza e si è detto convinto che «separati sarebbe andata peggio». Xavi Domènech, a capo dell’alleanza catalana – che si è confermato primo partito – si è detto ottimista: «C’è ancora la possibilità di un governo del cambio».

L’analisi del voto comunque lascia perplessi. Il Pp è cresciuto nei posti più impensabili: nei comuni dove il loro sindaco è stato arrestato, come Granada, o nelle comunità dove il suo malgoverno è stato più evidente, come a Valencia, o in Catalogna, dove il suo leader, il ministro degli interni, è al centro di un enorme scandalo di spionaggio.

Tanto che, alla luce del comportamento non proprio limpido del ministro degli interni, qualcuno immagina possibili frodi: la lettera di un presidente di seggio che denuncia molte «leggerezze» è diventata virale e addirittura c’è una petizione su Avaaz per un audit dei risultati elettorali.

I numeri definitivi del voto confermano che ha votato circa un milione di persone in meno che a dicembre (la partecipazione passa da 73.2% a 69.8%), troppo pochi per giustificare il tracollo di UP, che cresce solo in Catalogna e Euskadi. Il partito animalista PACMA cresce molto ma viene castigato dalla legge elettorale: nessun seggio (altri partiti come i baschi del Pnv con gli stessi voti hanno 5 deputati) e in assenza di IU, il partito più punito dalla legge elettorale è Ciudadanos, i cui seggi costano in media il doppio dei voti rispetto al Pp o al Pnv.

Anche al senato la situazione peggiora. Stavolta il Pp ha ottenuto ben 130 dei 208 seggi in palio, 6 in più che a dicembre.