Apologia del terrorismo o passo decisivo verso la pacificazione dei Paesi baschi? Per il conservatore Partido popular (Pp) del premier Mariano Rajoy non ci sono dubbi: l’iniziativa pubblica degli ex detenuti dell’organizzazione armata Eta di sabato scorso ha rappresentato «un’offesa alle vittime», meritevole di un’inchiesta giudiziaria. Secondo il Pp si è trattato di un atto illegale, punibile ai sensi del codice penale spagnolo, che prevede come fattispecie di reato sia «l’esaltazione o la giustificazione dei delitti di terrorismo», sia il compimento di azioni mirate a «screditare o umiliare le vittime».

La linea dei populares è la stessa della Avt, la principale associazione di familiari delle vittime del terrorismo, schierata tradizionalmente su posizioni ultra-conservatrici, quando non apertamente reazionarie. Si tratta della più visibile, ma non dell’unica organizzazione di familiari: ne esistono altre, non orientate a destra, disponibili a partecipare ai processi di dialogo fra le parti in conflitto. Per la Avt, invece, ogni presa di parola di membri in attivo o di ex militanti dell’Eta è sempre e soltanto un’apologia di reato da punire nelle aule di giustizia.

È difficile, tuttavia, che le richieste del Pp e dell’Avt vengano esaudite: il magistrato competente su questo genere di delitti, il giudice istruttore della Audiencia nacional Santiago Pedraz, ha già mostrato in più occasioni una linea di condotta diversa da quella che gradirebbero il partito di Rajoy e la principale associazione di familiari delle vittime. Convinti della totale legalità dell’iniziativa di sabato scorso sono i nazionalisti moderati del Partido nazionalista vasco (Pnv), che governa la Comunità autonoma dei Paesi baschi, e anche i socialisti del Psoe. Dello stesso parere, ovviamente, è Sortu, il partito della izquierda abertzale, la sinistra indipendentista basca, nel passato considerata il braccio politico dell’Eta (e per questo messa fuorilegge per alcuni anni).

Nell’atto pubblico avvenuto tre giorni fa nella cittadina di Durango, un nutrito gruppo di ex detenuti dell’organizzazione armata aveva annunciato la propria conformità con il «nuovo scenario politico» apertosi nell’ottobre del 2011, vale a dire la fine dell’attività terroristica da parte dell’Eta. Una settimana prima si era espresso in modo analogo il collettivo dei militanti del gruppo armato detenuti nelle carceri. Due fatti politici di rilievo, perché hanno sancito in maniera definitiva che intorno alla scelta storica di abbandono della violenza esiste il consenso dell’intero universo del separatismo di sinistra basco. Senza rischio di scissioni da parte di gruppi di «irriducibili» intenzionati a continuare la lotta armata.

Nei loro comunicati, sia i carcerati sia gli ex detenuti hanno posto l’accento su due rivendicazioni: il trasferimento nelle prigioni basche dei militanti dell’Eta attualmente reclusi negli istituti di pena di tutta la Spagna (in ragione della cosiddetta «dispersione penitenziaria») e la possibilità di celebrare un referendum di autodeterminazione. Due temi al centro di una manifestazione convocata dalla izquierda abertzale sabato prossimo a Bilbao che si preannuncia molto partecipata.