La sorpresa che si annunciava l’altroieri a viale Mazzini in effetti è arrivata, e a non prenderla bene non è solo l’Usigrai – il sindacato dei giornalisti della tv pubblica – che protesta per l’arrivo di tre esterni alla guida di due reti (Raidue e Raitre) e di Raisport. Il nome che più colpisce – anche perché è il più noto – e indispettisce, tra quelli scelti dal direttore generale Antonio Campo Dall’Orto e rimasti top secret fino all’ultimo, è Daria Bignardi, che andrà a Raitre. E chissà se incontrando casualmente Andrea Salerno, autore di molti programmi della terza rete (l’ultimo, Gazebo), dato in pole position per la direzione ma sorpassato al fotofinish, la conduttrice delle Invasioni barbariche non l’abbia salutato con uno «stai sereno». Fu nel suo salotto, infatti, che Matteo Renzi lanciò contro Enrico Letta l’hashtag letale. Del non ancora premier ma nuovo segretario del Pd, la conduttrice invece disse: «Renzi? L’abbiamo lanciato noi televisivamente».

Facile malignare che il presidente del consiglio abbia voluto ricambiare, senza dover tirare in ballo il marito di Daria Bignardi, Luca Sofri (beccato mentre diceva a Renzi un «Ciao capo, bella intervista», dietro le quinte di La 7), che negli ultimi tempi è andato cercando lo «spirito» perduto della Leopolda e che forse potrà ritrovarlo nella Rai guidata dal leopoldissimo Campo Dall’Orto (fu proprio l’attuale dg Rai a portare Bignardi a La 7, nel 2004). Va detto che televisivamente Renzi finora non aveva portato benissimo alla quasi neo direttrice che debuttò in tv nel 1993 con Milano, Italia. L’ultima stagione delle Invasioni barbariche si aprì, lo scorso anno, con un’intervista (l’ennesima) al premier, e fu la peggiore performance di Renzi, foriera di cattivi presagi: un paio di mesi dopo il programma chiuse in anticipo a causa del calo di ascolti. Ma al di là del tasso di «renzismo» della conduttrice (tra l’altro del primo Grande fratello) e scrittrice, nei corridoi della Rai ci si chiede: ha le competenze che servono per guidare una macchina complessa come una rete tv? E ancora: si vuole dare un colpo all’identità della rete dei «gufi?».

Lo spirito della Leopolda potrebbe aleggiare anche intorno a Ilaria Dallatana, scelta da da Cdo come direttrice di Raidue. E’ infatti la ex socia di Giorgio Gori: insieme hanno fondato Magnolia, la società di produzione specializzata nei format televisivi. E prima di allora ha a lungo lavorato a Mediaset, e qui si potrebbe sentire anche aria di Nazareno. Ma chi la conosce dice che non ama occuparsi del Palazzo, la sua passione è la tv. Ha creato tra l’altro Pechino Express, adventure game che ha fatto la fortuna proprio di Raidue, conosce il mercato internazionale e i nuovi generi serbatoio dell’ascolto giovanile, ed è insomma ritenuta particolarmente adatta per il profilo di una rete destinata alla raccolta pubblicitaria.

Se il nome di Dallatana era già circolato nei giorni scorsi, una sorpresa è anche l’arrivo alla guida dell’ammiraglia di Andrea Fabiano, attuale vicedirettore di Giancarlo Leone. Giovane nato nel 1976 (sarà il più giovane direttore della storia di Raiuno, ma è un inedito anche l’arrivo di donne alla guida delle reti), un master ad Harvard, si è occupato di marketing, è esperto di nuovi media e insomma serve a rinfrescare l’immagine della rete, ma rigorosamente nella continuità di una rete molto strutturata dove non ha molto da rischiare.

A Raisport arriva Gabriele Romagnoli, giornalista e scrittore, editorialista di Repubblica, già inviato negli Usa per La Stampa, dovrà gestire impegni importanti come Europei e Olimpiadi da neofita, digiuno di esperienza tv.

Il direttore uscente di Raidue Angelo Teodoli andrà a Raiquattro; Leone dovrebbe coordinare l’offerta delle reti. Antonio Marano andrà a Rai Pubblicità. Le nomine saranno portate oggi in cda, ma i consiglieri, con la nuova legge, potranno solo prenderne atto: per bocciarle dovrebbero opporsi 7 di loro su 9. Avranno voce in capitolo solo per Marano.
Il dg, reduce dalla stroncatura da parte dell’implacabile deputato del Pd Michele Anzaldi (ma lo stesso Renzi aspettava che i vertici Rai si dessero un mossa verso il “nuovo verso”) assicura che «tutte le scelte sono basate su esperienza e merito, autonomia dai partiti, nel segno della valorizzazione delle risorse interne». Ma l’Usigrai protesta: «L’ennesima infornata di esterni. Nei fatti una sonora sfiducia e delegittimazione di tutti i dipendenti della Rai».

Per quanto riguarda i consigliero, Arturo Diaconale vede «un’impronta renziana anche un po’ deludente», mentre per Carlo Freccero «prevale l’aspetto positivo», anche se «le interviste di Bignardi a Renzi sono un po’ troppo osannanti». E Federico Fornaro e Miguel Gotor, minoranza Pd, osservano: «Una più chiara presa di distanza da parte di Palazzo Chigi dalle esternazioni di Anzaldi allontanerebbe lo spettro di una stagione di normalizzazione».