Oltre una decina secondo la stampa locale, una quarantina per altre fonti. È il bilancio dell’ennesima strage che inonda di sangue le campagne dell’Afghanistan. Ma non sono talebani. Come già una settimana fa è un raid aereo che domenica sera, nel tentativo di colpire un nascondiglio della guerriglia, irrompe su un matrimonio nel distretto di Musa Qala nell’Helmand.

A un pugno di giorni dalle elezioni si intensificano la guerra e gli inevitabili effetti collaterali: Abdul Majed Akhand, vice consigliere provinciale, sostiene che la maggior parte dei morti sono donne e bambini che partecipavano alla cerimonia. «Circa 40 persone sono state uccise e altre 18 ferite – ha detto all’Afp – Tutte le vittime erano civili».

Così i bollettini di guerra con il numero dei miliziani uccisi lo stesso giorno (14 tra cui sei «stranieri» secondo il governatorato locale ma assai di più per il ministero della Difesa) e i tre civili ammazzati ieri a Farah da un bomba lungo la strada impallidiscono di fronte alla brutalità di raid assi poco chirurgici che continuano a sbagliare obiettivo.

La responsabilità diretta ricade sull’aviazione afghana ma sono i consiglieri americani a indirizzare gli attacchi aerei con droni, elicotteri o caccia. Se va bene viene aperta un’inchiesta e arriva una conferma delle vittime come nel caso del raid del 19 settembre che ha ucciso almeno 30 contadini nella provincia di Nangarhar.

Nelle stesse ore in cui si diffondeva la notizia del raid, il ministero afghano della Sanità pubblicava i dati sulle vittime della guerra negli ultimi 12 mesi. I più alti mai fatti: oltre 3.300 civili morti e oltre 14.600 feriti (dal 16 settembre 2018 al 10 settembre 2019).

«Il nostro sistema è attivo in tutte le 34 province», ha detto Mir Lais Mustafa, capo del dipartimento di risposta agli incidenti del Centro di comando e controllo a ToloTv. Ma il rapporto non entra nello specifico delle colpe: l’unico dato riguarda i kamikaze, responsabili di 460 persone uccise e 1.200 ferite.

In questa campagna elettorale sporca di sangue e propaganda i numeri delle vittime sembrano gestiti da un asettico pallottoliere che sovrasta le secche del negoziato appena fallito e gira la testa sulle responsabilità. Condivise tra tutti gli attori della guerra ma il cui prezzo è pagato solo da chi la guerra vorrebbe dimenticarla.