I coloni israeliani sono arrivati a Jalud, a qualche chilometro da Nablus, poco dopo le 21 di domenica sera. Con l’intenzione di vendicare due giovani, studenti di un istituto religioso dell’insediamento coloniale di Itamar, feriti qualche ora prima da colpi d’arma da fuoco sparati da un’auto palestinese all’incrocio di Tuffah (Tapuach). «Non è una novità, più volte in questi anni abbiamo subito raid (di coloni) ma quest’ultimo è stato il più violento», racconta al manifesto Abdallah Tawfiq, capo del consiglio locale di Jalud. «Hanno dato fuoco a terre del villaggio – racconta – distrutto automobili, si sono spinti fino ai cortili delle nostre abitazioni per lanciare sassi e bottiglie alle finestre. Siamo scesi in strada per affrontarli e difenderci». A un certo punto i palestinesi hanno chiamato l’esercito israeliano. «Ma i soldati quando sono arrivati hanno cominciato a spararci contro proiettili di gomma e candelotti lacrimogeni. Eppure i coloni erano gli aggressori entrati nel nostro villaggio. Undici dei nostri giovani sono stati arrestati e quattro feriti». Fino a ieri sera non si sapeva di alcun fermo tra i coloni.

Quanto accaduto domenica notte a Jalud conferma la situazione esplosiva nella Cisgiordania occupata, in cui i coloni israeliani sono sempre più spesso protagonisti di aggressioni e intimidazioni a danno degli abitanti di villaggi vicini ai loro insediamenti. L’esercito israeliano, denunciano i palestinesi, non muove un passo per frenare le scorribande dei settler. «I coloni si sentono padroni a casa nostra, fanno ciò che vogliono perché sanno che i soldati saranno duri solo con noi», protesta Abdallah Tawfiq. Duro il giudizio di Lior Amihai, direttore esecutivo dell’ong israeliana per i diritti umani Yesh Din. «Domenica notte abbiamo assistito a un pogrom da parte di coloni che è stato possibile solo perché il regime dell’apartheid lo ha incoraggiato» commenta senza giri di parole. «Ormai è evidente – aggiunge – che l’esercito li usa come una milizia che terrorizza i palestinesi e che punta a impossessarsi delle loro terre».

La mano pesante della polizia contro i palestinesi a Gerusalemme Est, durante le proteste di questi giorni intorno alle mura della città vecchia, contribuisce a tenere alta la tensione nella Cisgiordania occupata. E rispuntano le cellule armate come quella che ha sparato domenica allo svincolo di Tuffah. Cellula l’esercito ha cercato a Beita (Nablus) con un rastrellamento al quale hanno preso parte centinaia soldati. Per diverse ore i giovani del villaggio hanno affrontato i militari con lanci di pietre nell’oscurità della notte illuminata a tratti da pneumatici dati alle fiamme. E lo stesso è accaduto in altre località palestinesi della zona di Nablus proclamata area militare chiusa dall’esercito israeliano. Un clima da Intifada che non si respirava da tempo, figlio anche delle azioni dei coloni israeliani decisi a mostrarsi come padroni della situazione. Una cronaca quotidiana che trova sempre meno spazio sui media internazionali.