Un’università intera occupata da miliziani islamisti: è l’ennesima linea rossa varcata nella devastata provincia irachena di Anbar, Est di Baghdad, da dicembre teatro di conflitto tra forze governative e gruppi qaedisti. Ieri a Ramadi, da mesi parzialmente occupata dall’Isil come la vicina Fallujah, uomini armati hanno preso d’assalto l’Università di Anbar, usando i 1.300 studenti e professori presenti come ostaggio.

La polizia ha circondato il campus e ingaggiato uno scontro a fuoco con i miliziani: uno studente e un poliziotto avrebbero perso la vita. Dopo alcune ore, il gruppo ha lasciato gli edifici e gli studenti sono stati liberati.

Nelle stesse ore, proseguivano per il secondo giorno consecutivo gli scontri nella città di Mosul, provincia di Ninawa, a Nord Ovest: 59 i morti solo ieri, 36 le vittime venerdì. Anche qui a confrontarsi forze governative e membri dell’Isil, formazione qaedista che da pochi mesi ha assunto il controllo di intere aree sia in Iraq che nella vicina Siria, rafforzando rapidamente le proprie posizioni a scapito delle opposizioni moderate e altri gruppi islamisti, a partire dal Fronte al-Nusra.

Gli scontri di Mosul sono esplosi dopo una serie di attentati suicidi, seguiti alla ripresa da parte del governo centrale della vicina città di Samarra. Baghdad ha riassunto il controllo della comunità sunnita con un’offensiva che ha lasciato sul terreno 80 miliziani: giovedì l’Isil aveva attaccato a bordo di mezzi pesanti Samarra, occupandone alcuni quartieri e innalzando la bandiera nera di Al Qaeda. Esercito e aviazione, sostenuti da milizie tribali alleate di Baghdad, hanno respinto l’offensiva.

I due nuovi episodi – il raid all’università e la battaglia di Mosul – inviano un chiaro messaggio al premier Maliki, rieletto con maggioranza relativa e a caccia di alleanze che gli garantiscano il pugno di ferro sul parlamento: la componente sunnita non ha mai accettato l’emarginazione politica ed economica impostagli dal governo sciita e la popolazione, seppur terrorizzata da tanto sangue, spesso cerca nelle milizie armate quella protezione che Baghdad non riconosce.

Drammatica la situazione ad Anbar: in sei mesi 480mila persone hanno lasciato le proprie case, cibo e acqua scarseggiano, manca carburante per l’elettricità e i blackout sono sempre più frequenti, gli ospedali al collasso hanno terminato le scorte di medicinali.