La guerra nel Tigray ha come prime vittime le persone che da 8 mesi cercano di sopravvivere a una serie incrociata di violenze che contrappongono l’esercito etiope e i ribelli del fronte di liberazione del Tigray (TPLF), ma la seconda vittima è l’informazione.

Tutto risulta opinabile, ma qui i fatti sono diventati opinioni: è un giornalismo costituito solo da opinioni si chiama propaganda. Secondo quanto riferito dalla Bbc mercoledì ci sarebbe stata un’importante offensiva da parte del TPLF la più grave da quando è iniziato il conflitto lo scorso novembre. Un’offensiva che avviene mentre è ancora in corso il conteggio delle schede delle elezioni dello scorso 21 giugno. Le forze ribelli sarebbero entrate nella città strategica di Adigrat, a soli 45 km dal confine con l’Eritrea.

Il TPLF sostiene anche di aver catturato diversi militari etiopi, ma il portavoce dell’esercito, il colonnello Getnet ha smentito. L’esercito etiope avrebbe reagito all’offensiva anche attraverso l’aviazione e uno dei raid, nella giornata di martedì verso le ore 13 ha colpito il mercato del villaggio di Edaga Selus, vicino a Togoga, uccidendo 80 civili e ferendone almeno 43 ma il bilancio è in aggiornamento.

Fonti militari etiopi hanno negato la responsabilità dell’attacco sottolineando che l’esercito è in grado di colpire con precisione i suoi obiettivi e che gli attacchi sono mirati solo a colpire le milizie ribelli: «gli attacchi aerei fanno parte della tattica militare, ma non prendono di mira i civili» ha sostenuto il colonello Getnet. Una donna, secondo quanto riportato dalla Reuters, ha dichiarato «non abbiamo visto l’aereo, ma l’abbiamo sentito. Quando è avvenuta l’esplosione, tutti sono scappati. Più tardi siamo tornati e abbiamo cercato di recuperare i feriti».

Due medici e un’infermiera a Mekelle hanno dichiarato all’Associated Press (AP) di non essere stati in grado di confermare quante persone siano state uccise, ma un medico ha affermato che gli operatori sanitari sul posto hanno riportato «più di 80 morti civili». Hailu Kebede, capo degli affari esteri del partito di opposizione Salsay Woyane Tigray e che viene da Togoga, ha detto ad AP che un testimone in fuga aveva contato più di 30 corpi e altri testimoni riferivano di più di 50 persone uccise.

Sull’accaduto sono intervenuti sia gli Stati Uniti che in una nota hanno condannato «questo atto riprovevole», nello specifico perché secondo testimoni i militari etiopi avrebbero impedito l’accesso al personale medico per curare le vittime (almeno in un primo momento). Gli Stati Uniti chiedono un’indagine urgente e indipendente per individuare i responsabili dell’attacco e «sollecitano nuovamente un cessate il fuoco immediato nel Tigray, l’accesso umanitario senza ostacoli e la protezione dei civili». Dello stesso tenore la reazione dell’Unione Europea che riprende la gravità «del blocco delle ambulanze».