«Una vittoria di Forza Italia»; no, «un successo del Movimento 5 Stelle»; anzi, «è stato premiato il lungo impegno del Pd»… Tutti vogliono assegnarsi il merito dell’approvazione dell’emendamento al ddl editoria in discussione al senato (il via libera di palazzo Madama è previsto per oggi) che fissa un tetto di 240 mila euro per gli stipendi di amministratori, dipendenti e e consulenti della Rai. Comunque la proposta firmata dal senatore dem Cociancich, relatore in aula del provvedimento (ma «l’emendamento era mio, Cocianchich l’ha copiato», rivendica anche il leghista Roberto Calderoli) è stata approvata all’unanimità o quasi.

Unico astenuto, il 5 Stelle Giovanni Endrizzi che è voluto pure intervenire in aula per spiegare la sua scelta: «Intendo lasciare al Pd tutto il merito di passare la paletta dove il M5S ha indicato di pulire…». Proprio ieri, su proposta del direttore generale Antonio Campo Dall’Orto, il consiglio d’amministrazione della Rai discuteva il piano elaborato dalla direzione Risorse umane per l’autoregolamentazione degli stipendi.

Nelle stesse ore Maurizio Gasparri gongolava via twitter: «Al Senato vinta nostra battaglia per tetti a retribuzioni #Rai, Campo Dall’Orto crolla da oltre 600mila a 240mila, sempre troppo ma….». Il consigliere d’amministrazione di viale Mazzini Franco Siddi (ex presidente e segretario della Federazione nazionale della stampa) invece non esulta: «Aspettiamo di capire cosa dice la norma, ma è evidente la sensazione che si sia votata una disposizione dagli effetti controversi, che rischiano di penalizzare il servizio pubblico rispetto al sistema privato. Se la norma non sarà chiara si rischia di creare disparità di trattamento e condizioni tali da rendere la Rai non competitiva. Un tetto generico rischia di far perdere alla Rai figure di top management e di professionalità di livello». E, aggiunge Siddi, «nel tempo in cui la Rai imbocca la strada della trasparenza e dell’autoregolamentazione, forse una norma di legge rappresenta un’intrusione eccessiva».