Piuttosto che commentare, almeno per il momento e in attesa delle ultime nomine del governo che completeranno un puzzle della Rai finora abbastanza scadente, i primi nomi del cda come l’ ennesimo ritorno dell’uguale, merita di essere ripreso l’intervento di Milena Gabanelli di qualche giorno fa sul sito del Corriere.

Tanto più perché caduto nel vuoto sia nel mondo dell’informazione che in quello politico.

In quell’articolo, tra le altre cose, la giornalista sottolinea nella tv pubblica la sovrabbondanza tutta italiana di testate e di edizioni del telegiornale: tre testate e 25 edizioni più una testata all news che trasmette informazione 24 ore su 24: un record ineguagliabile per tutte le altre consorelle europee attestate su numeri decisamente inferiori.

Ad esempio in Francia il servizio pubblico ha una sola testata di informazione tv (Franceinfo) e sette edizioni, nel Regno Unito c’è una testata (BBCnews) e sei edizioni, in Germania le testate sono due con sei edizioni. 25 edizioni dunque e 4 testate, senza averne una online degna di questo nome e in grado di rispondere, nella più importante agenzia culturale e informativa del paese, alle esigenze della società della rete.

Un impegno, quello di costruire un forte sito Rai d’informazione, continuamente rimandato, come ben sa la stessa conduttrice di Report che proprio per questi motivi, lei che a questo compito si voleva dedicare, ha alla fine abbandonato l’azienda. Un’esigenza diventata più urgente per una Rai che, checché se ne dica, in fondo un’azione pedagogico-formativa verso il paese la mantiene tuttora, tanto più di fronte al ruolo del web e alle sue distorsioni.

Senza entrare nel merito degli altri rilievi sulle inefficienze di Viale Mazzini, vogliamo solo aggiungere al ragionamento della ex conduttrice di Report anche un’ulteriore considerazione.

La moltiplicazione delle edizioni, molte inutili, dei telegiornali s’incrocia pericolosamente con un’altra deleteria caratteristica degli stessi.

Quella cioè di occuparsi quasi sempre e solo di politica e partiti, un fatto che abbiamo più volte evidenziato ma che ad esempio negli ultimi dati forniti da Agcom tocca vertici di assoluto rilievo, mentre il resto della realtà del paese è confinato ai margini della società politica, relegato a fare da comprimario.

Il tg1 e il tg2, ad esempio, nel mese di giugno hanno dedicato a quest’ultima il 15% dei loro spazi, mentre tutto il resto è andato alle istituzioni politiche e ai partiti.

Solo un po’ meglio al tg3 e a Rainews24, ma sempre con percentuali che per tutto ciò che non sa di politica rimangono miserrime.

Anche i dati che riguardano premier e governo, secondo le ultimissime tabelle dell’Autorità, sono illuminanti.

In essi si constata come dopo l’abbuffata renziana degli anni scorsi il giornalismo televisivo, con buona pace dell’Usigrai, rimanga sempre orientato a sopravvalutare le notizie e le dichiarazioni di premier e governi.

In quest’ultimo caso la compagine di ministri e sottosegretari attinge a percentuali mai viste prima e assolutamente nuove nell’universo pur devastato dell’informazione, toccando e superando su tutte le testate addirittura il 30% degli spazi di notizia e di parola.

Insomma il «panino» questa volta se lo mangia, e con voracità, il governo, visto che ai numeri appena detti vanno aggiunti quelli del premier, attestato intorno ad un onorevolissimo 17%.

E c’è poco da sperare nel riequilibrio della concorrenza e del mercato (si fa per dire), perché i dati che riguardano Mediaset non si discostano da questo scenario.

Quando parliamo di intossicazione politica nella tv italiana parliamo anche di questo.

Allora se la quasi totalità dell’informazione dei telegiornali è appannaggio della politica e delle sue istituzioni, e se metà di questo spazio se lo mangia il governo, che paese sarà mai il nostro dal punto di vista della rappresentazione sociale della realtà?

E quale sfera pubblica, se non quella asfissiata dalla politica, alimenterà le sue viscere e i suoi gangli vitali?

Con queste premesse c’è poi tanto da meravigliarsi se nel corso degli anni l’antipolitica si è gonfiata a tal punto da prendere il potere?

Ce ne sarebbe abbastanza per fare una battaglia sacrosanta all’insegna della buona informazione, e del buon giornalismo, per chi ne avesse davvero la voglia.

Anche a sinistra. Anche in Rai.