Nel primo giorno di votazioni sul ddl Rai nell’aula della camera, tiene ancora banco la questione degli stipendi. Il solito Renato Brunetta, capogruppo forzista che da anni si sgola perché siano resi noti i compensi anche delle «star», si produce in un intervento in cui fa i conti in tasca ai volti noti del piccolo schermo, da Fabio Fazio (sua bestia nera) a Massimo Giannini e Massimo Giletti.

Approvato l’articolo 1 sul contratto di servizio tra il ministero dello sviluppo economico e la Rai, ci si scalda sull’articolo 2 al quale i relatori del Pd, Vinicio Peluffo e Lorenza Bonaccorsi, hanno presentato un emendamento che prevede la pubblicazione online dei compensi oltre i 200mila euro, ma escludendo i soggetti «aventi un contratto di natura artistica». E il sottosegretario Antonello Giacomelli risponde così a Brunetta, che pone anche la questione del tetto agli stipendi dei dirigenti: «Non condividiamo l’intento di colpire questa o quella personalità e di esporla a una morbosa attenzione. Io non ho timore a dire che penso cose simili a quelle dette da Brunetta ma e molti in quest’aula. La differenza è che questo governo ha fatto una proposta che nessun altro governo ha fatto prima: vengono messe a disposizione della conoscenza di tutti non solo le retribuzioni dei dirigenti e dei giornalisti, se hanno la qualifica dirigenziale, ma anche quelle che superano i 200mila euro». Ma «per una star il dato che deve essere conosciuto è quello aggregato del programma». Mentre sugli stipendi oltre i 240mila euro «se si vuole intervenire occorre modificare la normativa generale, io sono contrario a normative specifiche sulla Rai».

Ok dunque del governo alla proposta dei relatori, e via libera dall’aula anche all’emendamento sulla procedura per la selezione dei 4 componenti del cda che saranno designati da camera e senato. Due consiglieri saranno invece nominati dal governo e uno dall’assemblea dei dipendenti; tra i 7 verrà designato dallo stesso cda il «presidente di garanzia» che dovrà ottenere il via libera dai due terzi della commissione parlamentare di vigilanza, come nella legge Gasparri e come da emendamento forzista approvato al senato. Ma questo provvedimento «se possibile» è anche peggio della Gasparri, protesta il 5 Stelle Roberto Fico, presidente della commissione di vigilanza: «Mesi di chiacchiere, conferenze stampa, tweet per far credere ai cittadini di voler allontanare finalmente la politica dalla Rai», ma se «prima erano i partiti a scegliere gran parte dei membri del consiglio di amministrazione, adesso sarà lo stesso, con l’aggravante che l’amministratore delegato sarà designato direttamente dal governo». L’attuale direttore generale, nominato con la Gasparri e comunque scelto da Renzi, Campo Dall’Orto, avrà i «superpoteri» già dopo l’approvazione del ddl, che dovrebbe avere il via libera definitivo dal senato entro novembre. A Montecitorio, con i tempi contingentati e gli emendamenti tagliati con una sorta di «canguro» tra le proteste delle opposizioni, si procede a tambur battente nonostante l’ostruzionismo: l’ok potrebbe arrivare questa sera.

Sul fronte del canone, invece, il governo pensa a un rinvio dell’entrata a regime del pagamento in bolletta elettrica (non più gennaio 2016, forse giungo) per mettere a punto questioni come l’accertamento della morosità e le multe. (mi. b.)