Nello stallo in cui è finita la crisi al vertice Rai, il direttore generale Antonio Campo Dall’Orto, «sfiduciato» dal cda, si presenta in commissione di vigilanza per un’audizione già programmata e difende il suo operato e in particolare il Piano news bocciato dal consiglio: «E’ pronto, spero che, a prescindere da quello che succederà in azienda, possa essere portato avanti».

Ma quello che succederà al momento è difficile prevederlo. Il dg resiste e aspetta che sia semmai il governo a dirgli che deve togliere il disturbo. Ma nessuno vuole prendere in mano la patata bollente. Il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, titolare del dicastero azionista della tv pubblica, potrebbe incontrare Cdo già oggi (è stato il dg a sollecitare un confronto per chiarire la situazione e ieri ha inviato la richiesta formale) anche se non si esclude un rinvio alla prossima settimana. Ma Padoan non intende comunque assumersi l’onere del licenziamento: l’azionista non ha il potere di revoca del dg, quindi rimanderà le scelte all’azienda. Il premier Paolo Gentiloni, nel nome dell’autonomia dell’azienda, non vuole certo prendere lui in mano il cerino che ha come minimo contribuito ad accendere Matteo Renzi. L’ex premier, appunto Renzi, che quando era ha palazzo Chigi ha scelto l’allora leopoldino Campo Dall’Orto per guidare la Rai, si guarda bene dal mettere la firma sul siluramento, chiedendo un passo indietro a un dg che già ha accusato la politica di aver condizionato il voto del cda e che sta cercando di far uscire allo scoperto proprio la politica. Difficile che Renzi si presti. Dimissioni in blocco dei consiglieri per tagliare la testa al toro? Non se ne parla. La stessa presidente Monica Maggioni aspetta segnali dal governo. Insomma, la situazione si è incartata. Per una tregua tra direttore generale e cda, Campo Dall’Orto dovrebbe almeno rimettere in discussione il suo Piano news, il contrario di quello che ha fatto ieri, riattizzando i malumori. C’è poi la questione delle assunzioni effettuate senza job posting sulle quali è intervenuta prima l’Anac, poi il collegio dei sindaci revisori. E il cda deve ancora riprendere in mano la discussione del regolamento per il tetto ai compensi, interrotta dopo l’ultima burrascosa seduta. Un passo necessario per la definizione dei palinsesti, con gli «artisti» (esentati dal tetto a differenza dei giornalisti) che scalpitano.

Ha scoperto una particolare vena artistica anche Bruno Vespa. Che già aveva sottolineato di avere con l’azienda un contratto per «prestazioni artistiche», appunto, e lo ha ribadito in una lettera a viale Mazzini pubblicata ieri da Repubblica.it (il giornalista, pardon, l’artista non sembra avere gradito). I 5S commentano: «Finalmente Vespa ammette quello che sosteniamo da anni: in Rai fa l’artista e il suo programma è di intrattenimento. Chiediamo alla Rai di valutarne la chiusura». Così i dem trovano un diversivo tuonando contro «l’editto bulgaro» grillino.