Ancora pochi giorni e Marcello Foa sarà presidente della Rai. Nessuna sorpresa nel voto con cui ieri il cda lo ha ricandidato: un no, quello della consigliera in quota Pd Burioni, un astenuto, il consigliere espresso dai dipendenti Laganà, e per il resto tutti d’accordo.

MARTEDÌ ALLE 13 È CONVOCATO l’Ufficio di presidenza della Vigilanza per fissare la data del voto finale, che non dovrebbe andare oltre il giorno seguente. Nessun dubbio sull’esito della votazione. Fi, rovesciando il verdetto che il primo agosto scorso aveva portato alla bocciatura di Foa, voterà a favore senza neppure nascondersi dietro l’alibi dell’astensione, garantendo così il semaforo verde. M5S confermerà la decisione di chiudere gli occhi su una trattativa Rai condotta direttamente dal proprietario dell’azienda concorrente.

«Non era mai successo, neppure quando Berlusconi era premier», commenta la capogruppo LeU al Senato e membro della vigilanza De Petris. Incoronato Foa, si passerà di corsa alle nomine dei direttori di reti e tg, ma quella è una partita che si è già in buona parte giocata nelle ultime settimane. Resta un margine di dubbio sulla sorte dell’ammiraglia dell’informazione, il Tg1. Dovrebbe esserselo aggiudicato M5S, che ne ha bisogno anche per dimostrare di aver tenuto gli artigli del Cavaliere lontani da viale Mazzini, con Alberto Matano.

Non sono però ancora del tutto sfumate le chances di Genny Sangiuliano, leghista ma con un passato forzista (e prima ancora nazional-alleato). Se Sangiuliano non rovescerà in extremis i pronostici al Carroccio andranno comunque ricchissimi «premi di consolazione»: la direzione di Rai1 con Marcello Ciannamea, il Tg2 con Luciano Ghelfi (sempre che non venga rimpiazzato dallo stesso Sangiuliano) e soprattutto i Tgr, ai quali il Carroccio tiene molto.

INVARIATE INVECE LE CASELLE guida della terza rete: nonostante qualche tentazione iniziale dei 5S resteranno al Pd con la doppia conferma di Luca Mazzà al Tg e di Stefano Colletta alla direzione di rete. Conferma prevista anche per Di Bella a Rainews. Comunque finisca la partita pur importante del Tg1, con la presidenza Foa è Salvini ad aver assestato un colpo da maestro, destinato a pesare non solo sugli equilibri di viale Mazzini. L’accordo di Arcore dimostra infatti che la doppia maggioranza che ha già fatto le fortune del leader leghista ancora «esiste e resiste», per dirla con Silvio Berlusconi, e non si limita ai comunicati.

Se e quando necessario entra direttamente in campo e determina il risultato. Tenuta di riserva nei momenti di concordia tra i firmatari del contratto di governo, la seconda maggioranza diventa un’arma carica in quelli di tensione.

DI TENSIONE TRA I 5S ce n’è parecchia, anche se tenuta a freno da un Di Maio che invece mantiene un accordo solido con il collega vicepremier leghista. Lo dimostra. il blocco dei decreti immigrazione e sicurezza, che alla fine verranno accorpati in un solo decreto parzialmente modificato, anche se più per andare incontro ai possibili rilevi di costituzionalità del Colle che per accontentare l’ala sinistra dei 5S.

Lo dimostra a maggior ragione l’incursione di Toninelli sul capitolo Olimpiadi, reazione diretta alla resurrezione del centrodestra nel vertice di giovedì scorso.
Sul fatto che queste tensioni possano portare a una crisi prima delle elezioni europee nessuno scommetterebbe un centesimo.

Ma per ogni evenienza Salvini vuole avere pronta la sua nave da guerra: il centrodestra, ma in versione molto diversa da quella delle scorse elezioni. Perché stavolta sarà il leghista a fare da capitano e a indicare la rotta.