L’Usigrai, il sindacato dei giornalisti Rai, dopo le assemblee di giovedì ufficializza il dietrofront sullo sciopero dell’11 giugno, che da subito non aveva suscitato entusiasmo nelle redazioni. Il Pd in coro plaude alla decisione, «una scelta saggia», dice la ministra delle riforme Maria Elena Boschi, mentre il sottosegretario alle comunicazioni Antonio Giacomelli giudica ormai «superata» la questione del «contributo» chiesto alla tv pubblica, i 150 milioni che il governo tratterrà sul canone del 2014. Ma i tagli restano (sono nel decreto Irpef che dovrà essere approvato dalla camera) e anche lo sciopero, seppure senza più la partecipazione dei giornalisti. Che comunque continuano a dirsi contrari alla vendita di Raiway e «convinti» che il prelievo di 150 milioni «versati dai cittadini per il servizio pubblico» sia illegittimo. Ma soddisfatti perché il tema della riforma del servizio pubblico è ora al centro del dibattito, spiegano.

Come e a che velocità il dibattito proseguirà lo si capirà presto. Il sottosegretario Giacomelli sarà ascoltato dalla commissione di vigilanza mercoledì 18. Le linee guida della riforma del sistema delle comunicazioni sono state annunciate per luglio, in occasione degli stati generali dell’editoria con i sottosegretari Giacomelli e Luca Lotti, dopodichè dovrebbe partire una «consultazione pubblica».

L’11 di questo mese, invece, si asterranno comunque dal lavoro i dipendenti Rai di Cgil e Uil e delle altre sigle (la Cisl ieri ha invece formalmente sospeso la sua partecipazione allo sciopero). E Massimo Cestaro, segretario generale del sindacato di categoria Slc-Cgil, sostiene che la vicenda dei tagli e delle proteste è costellata di «imbrogli». Perché se è vero che in Rai ci sono sprechi e privilegi, i 150 milioni non «verranno da lì»; perché il canone è una tassa di scopo e il governo non può prelevarla per finalità diverse (lo sostiene anche il parere del costituzionalista Alessandro Pace) e inoltre «lo Stato è debitore verso la Rai di un miliardo». Ultimo «imbroglio» rispetto al «patrimonio dell’azienda», secondo Cestaro, quello della cessione della minoranza di Raiway. Che, spiegava ieri il direttore generale di viale Mazzini Luigi Gubitosi, avrà tempi veloci: la quotazione dovrebbe avvenire in autunno. La Slc-Cgil ha anche lanciato su Facebook la campagna «Per non spegnere il servizio pubblico, accendiamo le piazze», raccogliendo le foto dei lavoratori con cartelli «Io sciopero perché» e la busta paga in mano. Il segretario generale della Cisl Raffaele Bonanni, negli ultimi giorni ha sostenuto che dietro lo sciopero c’è «chi guadagna milioni». Ma, dice pure il segretario della Uil Angeletti, «si potrebbe indebolire la Rai e lasciare inalterati i privilegi».
L’Usigrai, appunto, insiste sul rilancio della tv pubblica spiegando che la mobilitazione delle redazioni continuerà su questo fronte: la riforma, l’anticipo della concessione di servizio pubblico di due anni rispetto alla scadenza del 2016, la lotta contro l’evasione del canone, «nuove norme per rottamare i partiti». E se Giacomelli afferma che il «caso tagli» è alle spalle, i giornalisti assicurano che non sarà archiviato «fino a quando non sarà completata la discussione per il processo di riforma dell’azienda e non sarà definito un nuovo quadro di sistema su conflitti di interesse, antitrust e mercati pubblicitari».

Il presidente della commissione di vigilanza Rai, il 5 Stelle Roberto Fico, annuncia invece che il movimento si opporrà alla «vendita o rischiosa svendita» di Raiway, «quella rete di antenne e impianti – scrive sul blog di Beppe Grillo – finora saldamente in mano pubblica, che costituisce una delle infrastrutture strategiche del nostro Paese». I 5 Stelle cercano di rilanciare, insistono anche loro sulla riforma per non passare da difensori di una Rai indifendibile. Ma anche i forzisti devono fare i salti mortali. Così Maurizio Gasparri fa il paladino della Rai che va salvata, sostiene, «dall’attacco portato ai suoi danni dalle varie sinistre»: quella di Renzi che taglia, quella dei sindacati, «antiquata», e quella che «ha inventato la lottizzazione». Perché notoriamente la riforma che porta il nome del senatore azzurro la lottizzazione l’ha combattuta…