Il presidente e l’amministratore delegato della Rai, Marcello Foa e Fabrizio Salini, tornano davanti alla commissione parlamentare di vigilanza per completare la loro audizione, e lo scontro tra M5S e Lega che in prossimità delle elezioni europee è ormai pane quotidiano diventa plateale anche sul fronte della tv pubblica. Del resto quello televisivo è un fronte particolarmente sensibile in vista di qualsiasi elezione. Dunque in questo caso non si tratta solo di una spartizione del campo elettorale tra gialli e bruni. A preoccupare i 5 Stelle è anzi anche quello che accadrà a viale Mazzini dopo il voto. Il timore, cioè, che una Lega irrobustita a fronte di un Movimento in calo pretenda più poltrone. Un classico, che non risparmia certo il «governo del cambiamento».

LA PREOCCUPAZIONE è espressa chiaramente, durante l’audizione, dal senatore grillino Alberto Airola, quando chiede che le nomine per le nuove direzioni tematiche previste dal piano industriale dell’ad Salini vengano fatte «con criteri di trasparenza e indipendenza» prima delle elezioni, perché «dopo il voto le pressioni politiche aumenteranno».

Nella seduta della vigilanza, per la prima volta i pentastellati attaccano direttamente il presidente Foa, il «sovranista» portato da Matteo Salvini alla guida del cda Rai. Con la sua riforma, Renzi immaginava per viale Mazzini un amministratore delegato dotato di super poteri. Ma il presidente Foa ha subito dimostrato di non voler fare il passacarte o giù di lì. Tanto che il capogruppo dei 5S in commissione, Gianluigi Paragone, attacca: «Invito Foa a rileggersi il contratto e capire il peso specifico del ruolo che riveste. Che, per chiarire, non è quello di amministratore delegato ombra. La discussione sulle tematiche del pluralismo sarebbe stata diversa se ci fosse stato un presidente più neutrale. In modo maldestro Foa, stando a voci di corridoio, esagera nelle sue funzioni».

Lo stesso piano Salini, il nuovo piano industriale, è stato del resto modificato proprio per le pressioni di Foa (non certo insensibile ai desiderata della Lega). Al quale viene contestato anche il doppio incarico: presidente del cda e presidente di RaiCom, la consociata commerciale che tra l’altro dovrà sviluppare il canale in inglese, che però secondo il contratto di servizio dovrebbe essere finanziato solo con il canone. «È noto che il presidente di Rai Spa è diventato anche presidente di RaiCom. In questo modo si rischia di configurare un fastidioso conflitto operativo e di interessi – interviene il 5S Primo Di Nicola – Ho sostenuto Foa come presidente di garanzia, ma questo non era davvero previsto. Chiediamo a Foa se non ritenga opportuno lasciare quella carica e, contrariamente, perché la sua figura sarebbe così fondamentale in RaiCom».

IL SUPER PRESIDENTE nega conflitti d’interesse di sorta, mentre tocca a Salini assicurare di aver finora svolto il suo lavoro «in totale autonomia» e che «nella stesura del piano industriale non è entrato nessuno».

Ma, appunto, i 5 Stelle vedono insidiate le loro postazioni e lo dicono senza giri di parole. Nell’audizione piomba il caso della furibonda lite tra il direttore del Tg1 in quota grillina, Giuseppe Carboni, e il suo vice «sovranista» Angelo Polimeno Bottai. Uno scontro esploso dopo le 11 promozioni fatte dal direttore all’interno della testata. Ed è ancora Paragone a attaccare: «Monta una scazzottata al Tg1 che sembra addirittura non ci sia stata. Se volete arrivare al Tg1, se volete cambiare Freccero e toglierlo da Rai2, basta dirlo chiaramente». La Lega non lo dice chiaramente, ma quasi, visto che in commissione protesta per il troppo spazio dato dalla testata ammiraglia ai 5 Stelle.

Sugli attacchi a Foa, invece, i leghisti non replicano. Lasciano cadere – seppure irritati – non perché non intendano difendere il loro presidente ma, al contrario, perché per Salvini Foa non è in discussione.