La Rai, l’Ansa e il Tg5 da ieri hanno sospeso i servizi giornalistici dalla Russia – al pari dei broadcast Bbc, Cnn, delle tedesche Ard e Zdf, la spagnola Rtve e le agenzie Bloomberg e Efe, e altre testate internazionali – a causa dell’entrata in vigore della nuova normativa imposta da Putin che prevede pene fino a 15 anni di carcere per chi diffonde informazioni sulla guerra in Ucraina ritenute false dalle autorità federali. Una decisione necessaria ma che si inserisce, per quanto riguarda la Radiotelevisione italiana, sul solco delle polemiche sollevate, dal Pd prima e poi anche da Forza Italia, nei confronti del giornalista Marc Innaro, il capo dell’ufficio di corrispondenza Rai di Mosca, giudicato troppo filorusso, soprattutto per un servizio pubblico. Al punto di dare l’impressione (tra i sindacalisti) che si stia cogliendo l’occasione per sostituire lo storico corrispondente con qualcuno meno “asservito” – secondo i suoi detrattori –  alla propaganda del Cremlino.

LA SOSPENSIONE dei servizi da Mosca, spiegano i vertici Rai, «si rende necessaria al fine di tutelare la sicurezza dei giornalisti sul posto e la massima libertà nell’informazione relativa al Paese. Le notizie su quanto accade nella Federazione Russa verranno per il momento fornite sulla base di una pluralità di fonti da giornalisti dell’Azienda in servizio in Paesi vicini e nelle redazioni centrali in Italia». Allo stesso modo l’agenzia di stampa nazionale italiana spiega che i servizi «saranno comunque forniti attraverso la sede centrale di Ansa e gli altri uffici di corrispondenza dell’Agenzia all’estero».

MARC INNARO, che sta organizzando come disposto dalla Rai il rientro in Italia dei quattro inviati in Russia (da Mosca Alessandro Cassieri per il Tg1 e Giammarco Sicuro per il Tg2; Marina Lalovic per Rai News 24, e Nico Piro da Rostov sul Don per il Tg3), spiega al manifesto che invece ai due corrispondenti – se stesso e Sergio Pani – è stata lasciata la libertà di «scegliere se rimanere qui o tornare, ma siamo stati messi in ferie da subito». Alla domanda se abbia intenzione di rientrare in Italia, vista l’impossibilità di svolgere il proprio mestiere liberamente dopo le minacce penali di Putin, risponde: «No, assolutamente. Rimarrò qui in ferie qualche giorno. Poi si vedrà…». Innaro però rimanda la nostra domanda ai vertici aziendali quando gli chiediamo se pensa che nella decisione presa dalla Rai abbiano influito le pressioni del Pd.

Il gruppo dem in Commissione vigilanza Rai infatti aveva già presentato un’interrogazione all’indomani del servizio di approfondimento di Marc Innaro al Tg2 Post del 26 febbraio, con l’accusa rivolta al giornalista di aver «sostanzialmente confuso il piano dei fatti con quello delle opinioni attribuendo, come un fatto acquisito, la responsabilità della guerra in Ucraina all’avanzare della presenza della Nato ad Est».

Altre polemiche sono state sollevate anche venerdì sera quando Innaro nel dare la notizia dell’attacco russo alla centrale nucleare di Zaporizhzhia ha riportato solo la versione di «fonti militari russe» secondo le quali l’esercito russo avrebbe preso il controllo dei reattori già il 28 febbraio scorso con l’«obiettivo di mettere in sicurezza le centrali nucleari», mentre ad appiccare l’incendio alla struttura sarebbe stato «un gruppo di sabotatori» che avrebbe attaccato «un centro di addestramento del personale della centrale».

A PRESCINDERE dai convincimenti politici di Marc Innaro e dalla sua etica professionale, la richiesta di rimozione di un corrispondente Rai in un Paese dove i giornalisti già in tempi “normali” sono tra i più perseguitati al mondo rischia di produrre ancora più danni alla libera informazione che in Russia fa fatica a sopravvivere. «Se qualcuno vuole la sua sostituzione abbia almeno il coraggio di dirlo apertamente e ne spieghi le ragioni – scrivono in una nota congiunta i sindacati Usigrai e Fnsi – L’attacco della politica al corrispondente della Rai da Mosca, mentre infuria la guerra, appare oggi strumentale e pericoloso».